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Se, oltre a non sostenere economicamente la prole di minore età, il genitore se ne disinteressa sul piano morale, compie due distinti illeciti penali, che possono concorrere tra loro e comportare un aumento di pena

di Danila Sarno

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Un genitore commette reato di “violazione degli obblighi di assistenza familiare” non solo quando fa mancare ai figli il necessario sostegno economico, ma anche quando li frequenta sporadicamente e se ne disinteressa sul piano morale.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, nella sentenza numero 29926 del 2022, con cui è stata annullata la pronuncia del tribunale di Mantova che aveva condannato un uomo a due mesi di reclusione, unicamente per la violazione dell’obbligo di fornire alla moglie e ai figli minori i necessari mezzi di sostentamento, come previsto dall’articolo 570 comma 2 del codice penale. La Suprema Corte è intervenuta sulla vicenda a seguito del ricorso proposto dal Procuratore Generale della Corte di Appello di Brescia: secondo il ricorrente, nella sentenza di condanna si sarebbe dovuto applicare un aumento di pena, a titolo di continuazione, per il reato di cui al primo comma del citato articolo 570, in quanto proprio il giudice di primo grado aveva accertato che l’imputato, oltre a non somministrare ai figli risorse economiche adeguate, li aveva anche frequentati sporadicamente, manifestando un generale disinteresse nei loro confronti. Tale condotta è, appunto, sanzionata dal primo comma della suddetta norma, che punisce il genitore che viola i doveri di assistenza morale, posti a tutela dello sviluppo armonico della personalità dei minori. Si tratta di un’ipotesi di reato del tutto autonoma rispetto a quella di cui al comma 2 (relativo al soddisfacimento di bisogni materiali degli aventi diritto). Bambino tristeDi conseguenza, la Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato: l’articolo 570 è norma a più fattispecie, del tutto distinte tra loro e che non si assorbono a vicenda. Esse sono “relative a fatti eterogenei nel loro sostrato fattuale ed altresì nella considerazione sociale”. Le due condotte non sono l’una la naturale evoluzione dell’altra e, infatti, la mancata somministrazione dei mezzi di sussistenza non presuppone necessariamente la violazione dei doveri di assistenza morale. In conclusione, vi può essere concorso tra i due reati, se sussistono gli elementi costitutivi di entrambi, con conseguente aumento di pena. Gli Ermellini, inoltre, d’accordo con il Procuratore, hanno ritenuto che, essendoci più parti lese, si sarebbe dovuto applicare l’aumento di pena per la continuazione interna o per il concorso formale. Va infatti ricordato che la mancata somministrazione dei mezzi di sussistenza in danno a più soggetti, anche se conviventi nello stesso nucleo familiare, non dà luogo ad un solo reato, ma ad una pluralità di reati in concorso formale o in continuazione tra loro. Invero, gli aventi diritto alla somministrazione dei mezzi di sussistenza, tutelati dalla norma, sono portatori di posizioni differenziate e rispetto a ciascuno di essi sono possibili adempimenti soggettivamente frazionati. Per i suddetti motivi la sentenza del Tribunale è stata annullata con rinvio al giudice di primo grado, che dovrà rideterminare la pena alla luce dei principi enunciati dalla Suprema Corte.

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