tradimento 2

Avere una relazione con chi è già sentimentalmente impegnato non è vietato dalla legge, ma ciò non significa essere legittimati a tenere comportamenti scorretti, vendicativi ed assillanti. Il rischio è una condanna per stalking, minacce e molestie

di Danila Sarno

tradimento 2

Tra moglie e marito, si sa, è meglio non mettere il dito, soprattutto se a intromettersi nella vita di coppia è l’amante di uno dei coniugi. È vero, infatti, che frequentare una persona sposata non viola alcuna legge, ma alcuni comportamenti sovente posti in essere da un amante vendicativo rischiano di sfociare in una condanna per molestie, stalking o diffamazione, come confermato più volte dalla Corte di Cassazione.

Ad esempio, risale al 2015 una decisione della Suprema Corte che ha punito, per il reato di atti persecutori (stalking), l’amante che aveva riferito al marito tradito della propria relazione con la moglie, tramite numerosi sms dal contenuto volgare e dettagliato. L’imputato, per di più, aveva reso pubblico il tradimento tramite invio di lettere sul luogo di lavoro e frasi offensive scritte sui muri della scuola frequentata dai figli della coppia. Insomma, comportamenti persecutori, lesivi della riservatezza e della serenità altrui e tali da creare disagio a tutti i membri della famiglia.

In realtà, pur non tenendo una condotta assillante, il semplice fatto che l’amante riveli l’infedeltà al coniuge tradito implica il reato di molestia. Nel 2009, infatti, gli Ermellini hanno condannato una donna che aveva inviato alla moglie del fedifrago pochi sms in cui la informava della relazione extraconiugale. A detta dei giudici, difatti, è del tutto irrilevante che il tradimento sia già noto alla persona offesa e che i messaggi siano in numero esiguo, in quanto essi risultano comunque idonei a ledere l’onore e la dignità. Anche nel 2015 la Cassazione è giunta a identiche conclusioni, condannando una donna che aveva rivelato l’adulterio attraverso tre lunghe telefonate.litigio 1 renamed 15649

E se l’amante decidesse di rendere pubblico il tradimento, magari postando messaggi, foto e dettagli della relazione adulterina sui social? La conseguenza, ovviamente, sarebbe una condanna per diffamazione, trattandosi di un comportamento che, richiamando l’attenzione di un numero indeterminato di persone sul tradimento, senz’altro è idoneo a ledere l’altrui reputazione. Del resto, essere definiti “cornuti” non è di certo un vanto. Persino la semplice minaccia di rivelare la scappatella all’altro coniuge può portare a gravi conseguenze, dal momento che si potrà essere denunciati per il reato di minacce.

In tempi meno recenti, altre due sentenze hanno ravvisato profili di illiceità nella condotta dell’amante. Entrambe le decisioni, però, costituiscono dei precedenti isolati. La prima è una sentenza del Tribunale di Roma del 1988, nella quale si legge che un estraneo che corteggia insistentemente una persona sposata commette un illecito, consistente nell’induzione al tradimento (e quindi nell’induzione all’inadempimento dei doveri coniugali), che darebbe diritto al risarcimento dei danni morali. La seconda sentenza, emessa dalla Corte d’Appello di Cagliari nel 1990, afferma che l’amante che entra in casa di una persona sposata su invito di quest’ultima, ma ovviamente senza il consenso dell’altro coniuge, commette reato di violazione di domicilio. 

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