New York, ore 8,46: in Italia, le 14:46. È l’11 settembre 2001.

In quel minuto il primo aereo si schianta sulla Torre nord;17 minuti dopo anche la Torre sud viene centrata. Ha inizio la tragedia mondiale che costò 2977 morti e quasi 6000 feriti, oltre ai 19 terroristi che dirottarono i quattro aerei.
Uno solo di essi non raggiunse l’obiettivo (il terzo centrò il Pentagono), schiantandosi in un campo nei pressi di Shanksville, in Pennsylvania, a seguito di una eroica rivolta dei passeggeri. Era diretto a Washington.
Le torri crollarono, a pochissima distanza di tempo una dall’altra, in un’ora e 42 minuti.
L’economia mondiale subì un grave contraccolpo: Wall Street, per esempio, rimase chiusa fino al 17 settembre. 
È difficile non ricordare la sensazione di sgomento provata guardando in diretta prima i corpi di quanti, presi dalla disperazione, si lanciavano nel vuoto, e poi le Torri collassare tremendamente su se stesse. Così come era impossibile non pensare, mentre le immagini scorrevano, che il mondo non sarebbe rimasto senza contraccolpi. 
Qualcuno ha gridato al grande complotto, ha asserito che le Torri fossero cadute per una demolizione controllata; che gli americani sapevano del pericolo e avrebbero taciuto; che individui estranei ad al-Qāʿida avrebbero partecipato alla pianificazione o all’esecuzione degli attacchi.
Restano, però, i 2977 morti e migliaia di persone la cui vita è rimasta devastata. Ed è a queste che, oggi, va il nostro pensiero.

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