Queste sono state le dure valutazioni espresse nell’ultimo studio pubblicato dall’Accademia Americana dei Pediatri (AAP): sta agli adulti gestire le ore dedicate alle singole attività del bambino, tentando di evitargli dannose esagerazioni

di Valerio Kohler

Prima del 2011, quando gli iPad e i tablet non si erano ancora diffusi nel mercato e nella società, gli studiosi consigliavano di esporre il bambino a massimo 2 ore di consumo tecnologico.

Questo per evitare possibili problemi, non solo alla salute ma anche a livello sociale e comunicativo. Tutto questo si pensava, appunto, diversi anni fa. Eppure nella società odierna, dove oltre il 30% dei bambini statunitensi utilizza regolarmente un dispositivo elettronico, è necessaria una maturazione nella consapevolezza dell’utilizzo di tali oggetti, soprattutto da chi certe situazioni dovrebbe monitorarle: il genitore.
Infatti, secondo l’AAP, il tempo dedicato all’utilizzo dei media (come la TV, il computer, il cellulare, ecc.) sta diventando semplicemente del tempo, da utilizzare o da sprecare, a seconda di cosa si voglia fare. Ormai moltissime persone sono abituate ad utilizzare la tecnologia in maniera periodica, quasi compulsiva. Non c’è quindi da stupirsi quando è la stessa Accademia a consigliare nuove norme per aiutare le prossime generazioni ad educare i propri figli.
Nello studio, pubblicato il 1° Ottobre, vengono quindi enfatizzati due punti: la normalità della tecnologia, cellulari o computer che siano, e l’effettiva importanza delle figure genitoriali nell’ideale crescita del pargolo.
L’ambiente tecnologico ormai è assimilabile a qualsiasi altro luogo di sfogo per il bambino, portandolo allo stesso livello dei parchi o degli ambienti ricchi d’interazioni sociali. Quello che però rimane fondamentale è il confronto con i genitori, che dovrebbero saggiamente partecipare con il figlio alle sessioni, limitando non solo il numero di ore utilizzabili ma persino le applicazioni che potrebbe utilizzare, sostenendo così una crescita sicura e serena.
Nello studio viene, per esempio, posta una grande importanza alla comunicazione diretta e orale per la formazione dell’infante e del suo linguaggio e la tecnologia in questo caso potrebbe non essere la soluzione migliore per soddisfare certe condizioni, nelle quali risulta invece fondamentale la figura parentale. Ricercando applicazioni educative mirate e collaborando allegramente con il proprio figlio in ogni fase, si può giungere ad un esito positivo.
In conclusione l’AAP, tramite questo studio, sta cercando di normalizzare un mondo che per alcuni individui può sembrare non solo estraneo ma addirittura venefico. Sta a loro, agli adulti, ai genitori gestire le ore dedicate alle singole attività, tentando di non trascurare niente e di evitare esagerazioni che porterebbero soltanto a ripercussioni negative sulla crescita del bambino.

Di Gigi Di Mauro

Giornalista con esperienza quasi quarantennale, è educatore e pedagogista clinico. Da oltre un ventennio si dedica allo studio della storia comparata delle religioni, ottenendo nel 2014 dal Senato accademico dell'MLDC Institute di Miami una laurea Honoris Causa in studi biblici. È autore di alcuni saggi, tra i quali uno sulle bugie di storia e religione

Lascia un commento