Sergio Vecchio

Si apre il 21 febbraio alle 18, al complesso di San Michele di Salerno, la mostra dedicata all’artista pestano. L’iniziativa resterà visitabile fino al 3 marzo

La retrospettiva dedicata alla figura dell’artista Sergio Vecchio scomparso nel febbraio 2018 che si terrà al Complesso di San Michele dal 21 febbraio (vernissage ore 18) fino al 3 marzo non è una pura e formale commemorazione ma il giusto riconoscimento al suo valore artistico ed umano. Figura ecclettica che ha saputo sintetizzare nelle sue opere una pluralità di anime creative che si estendono dalle arti visive (pittura-grafica) alla scultura alla ceramica fino alla scrittura.
È stato definito “viaggiatore senza tempo”, e questa monografica “L’impronta dorica nel segno contemporaneo” vuole evidenziare il suo percorso fra passato, presente con un ponte proteso verso il futuro. Il suo innegabile e forte legame con la classicità e la Magna Grecia non è mera riproduzione del passato ma capacità di reinterpretazione nel contemporaneo. Memoria personale e memoria storica si incrociano assecondando numerose e diversificate direzioni. Paestum è allo stesso tempo il suo centro di gravità ma anche il suo fulcro di fascinazione e di mistero difficile da decifrare tanto da far dire all’artista: «A fatica ho intravisto i templi, sempre più inaccessibili e nascosti, quasi irraggiungibili».
Pittura che, pur partendo nelle prove degli anni settanta da una aspirazione concettualista, darà sempre preminenza al figurativo. Storia soggettiva e passato arcaico scorrono come due fiumi impetuosi in due letti paralleli e che si ricongiungono nel mare sconfinato dell’arte. Una totale immersione in questa linfa vitale che da un lato alimenta la sua espressione lunare, fatta di ombre fantasmiche e da un altro diventa un ponte proteso sul futuro grazie al suo meticoloso collezionismo che lo induce a progettare lungo l’intero corso della sua vita ma non concesso in vita dalle istituzioni, di un “Museo della memoria”, che diventò per lui una vera e propria ossessione amorosa…  “I miei ricordi di ragazzo – confidava in una intervista al Mattino del settembre 1999 – si identificano con i miei inizi di artista. Nei giardini del Museo in cui era la dimora di Pellegrino Sestieri ho spesso dormito come suo ospite. Poi successivamente con Mario Napoli sovrintendente ho incontrato artisti, studiosi di tutto il mondo… All’inizio guardavo con diffidenza l’area archeologica che anzi mi opprimeva: volevo fuggire perché ero interessato alle avanguardie. E me ne andai ma dovunque andassi incontravo artisti: Paolini a Torino, Trotta di Stio Cilento, operante in quegli anni a Milano, Del Pezzo che nelle loro opere rivisitavano Paestum e l’archeologia, oppure tra i rigattieri di Roma e di Parigi trovavo acqueforti dei templi ed iniziai così la mia raccolta-archivio ripiombando nell’angoscia e nella mia voglia di ritornare a casa».
“Sergio Vecchio ha ritrovato quindi come un vero eroe epico la sua Itaca. Il suo sogno immenso ed irrealizzato in vita è stato certamente quello di rendere la sua Poseidonia da volgare, banale prodotto di consumo e di massa a luogo dell’anima con la nascita di un Museo della memoria che accogliesse al casello 21 la sua sterminata collezione di stampe, cartoline, tele e ceramiche di Paestum”(Gabriella Taddeo – Catalogo della mostra “L’impronta dorica nel segno contemporaneo”). Un sogno che fra poco diverrà realtà con gli inizi dei lavori al Casello, come ha confermato Francesco Alfieri, presidente della Provincia, durante la cerimonia di donazione del pannello 2015 alla Carisal il 10 febbraio scorso.

Calendario mostra

21 febbraio ore 18: vernissage di apertura mostra; proiezione del video ideato da Viviana Vecchio sulla base di 7 video precedenti, testi e immagini dell’archivio dell’artista montati ed assemblati da Elpidio Sorbo in 40 minuti e 10 secondi.

22 febbraio ore 18: Concerto “Gli strumenti del mito. Suoni per il segno di Sergio Vecchio”. Antonio Senatore flauto, Mario Montani flauto, Antonio Rufo oboe e corno inglese, Giuseppe Feraru oboe, Marco Frasca clarinetto, Mauro Fagiani violoncello, Luca Gaeta violino, Gerardo Avossa Sapere, hangdrum.

29 febbraio ore 18: “Diario tra segno e parole Marco Vecchio, voce e Flavio Erra basso. Un viaggio nei versi di Sergio Vecchio tra mito e memoria, gli oracoli della sua pittura, accompagnato dai suoni del basso di Flavio Erra

Iniziative con le scuole

Alfano primo

Nella mattinata del giorno 26 febbraio, le classi IV e V D del Liceo Linguistico Alfano I, in occasione della visita alla mostra, presenteranno un breve video sulla scrittura di Sergio Vecchio e sui suoi esperimenti narrativi (in Dorico, Argo, L’Officina del marinaio, La sconfinata solitudine), oscillanti tra racconto autobiografico enarrazione diaristica, un campo meno indagato rispetto alla sua arte pittorica.    L’approccio interpretativo parte dal suo costante rifiuto della videoscrittura, considerata una sorta   di omologazione delle masse, da una ricerca dal significato nettamente avanguardistico, specie se letta alla luce della più recente letteratura neuroscientifica. Nel corso della mattinata, gli studenti leggeranno alcuni brani da loro scelti ed estratti di testi da cui è possibile estrapolare un lessico che richiama l’archeologia del contemporaneo e il dorico di domani.

Liceo artistico Sabatini-Menna

Partendo da un’opera di Sergio Vecchio gli alunni del Liceo artistico Sabatini –Menna, indirizzo scenografia e arti figurative hanno realizzato una struttura tridimensionale costituita da un fondale di tela dipinta con acrilici e sagome in compensato degli elementi raffigurati. La dirigente Renata Florimonte ha accolto la richiesta di far eseguire agli alunni un omaggio all’artista Vecchio. I docenti coordinatori sono: Eliana Elefante, Ida Mainenti, Mauro Graniti per scenografia, Mirella Monaco e Giuseppina Vassallo per arti figurative. L’installazione sarà collocata all’interno del Convento di San Michele e la si potrà visionare dal 21 febbraio giornata dell’inaugurazione.

26 febbraio ore 17: “Sergio Vecchio discente/docente”: Erminia Pellecchia dialoga con Pino Latronico e Paolo Apolito. Contributi di alunni del Liceo artistico di Salerno.

 

 

Si allega testo della figlia Viviana Vecchio che accompagnerà il video che sarà proiettato durante la inaugurazione mostra

Terra di cielo: ritorno alla casa di mio padre

Il video Terra di cielo è un ritorno da mio padre e alla Terra dei padri in un giardino non concluso fra la Terra, popolata di creature immaginarie e reali, che ritornano nei suoi disegni e nelle sue opere ed il Cielo, dimensione del crepuscolo e della notte, nella sospensione fra il sonno e la veglia. Attraverso il viaggio di Sergio incompiuto ed interminabile, come in una lirica monodica. è la sua voce, sono le sue mani, gli occhi, il volto a suggerire le immagini come tanti paesaggi rinvenuti alla luce, o gli archetipi nella forma del Dorico, in un continuo colloquio fra antico e contemporaneo. Treni dipinti o in bianco e nero, insieme a quelli veri sfrecciano da lontano, spesso orfani di macchinisti, nei suoi incubi solitari e si tuffano fra le onde, treni-balena fantasmi.

Partendo da un ricco materiale d’archivio, ormai sepolto ma pronto a riaffiorare, ho assemblato, con l’aiuto di un mio amico, Elpidio Sorbo, sette video di autori diversi che ricostruiscono il percorso artistico e umano di mio padre.

Sette perché con lui non può esistere il numero pari, tanto è infinita la sua produzione e il suo continuo desiderio di creare in compagnia della sua Musa, la pittura, che gli fa fare, fino alla fine, tutto ciò che vuole e che. se non lo consola, è la magia più potente che ha.

Nel primo video (in cui sono stati uniti Al di là dell’Archeologia di Vincenzo Autuori e Sereno Variabile di Osvaldo Bevilacqua 2016) fin dal viale che conduce verso casa è irresistibile il voler ritornare da lui, nella famiglia d’erbe e animali, fino allo studio, suo luogo alchemico e solitario, in continuo fermento, con il racconto della sua formazione artistica. 

Di dorica memoria è la ricerca di un suo stile che potesse convivere con l’antico, come una rovina, franta e poetica o un verso sacro di Ungaretti, uno fra i suoi poeti preferiti.

Con la melodia di uno chansonnier, o in un accordo di note, scorrono momenti, attimi della sua esistenza, dalle riprese da Zurbaran, programma di Paolo Romano, con ogni mattonella macchiata di colore, al momento dell’esecuzione del suo Affresco nel cortile della casa paterna a Capaccio Vecchio (1988), in cui il suo volto, colmo di gioia, ricorda il padre e il vecchio artigiano del luogo.

I cinque elementi: terra, acqua, fuoco, aria, ed etere sono tutti presenti e riconducibili a lui. L’acqua e la sua musica nell’impasto poroso della carta di Acireale, in un’officina senza cornice, di Franco Conti, (di Felice Soriente, Acireale 2001); terra d’inchiostro e di fatica, nel Laboratorio calcografico di Nola di Vittorio Avella (Fiore Soriente 2002); nella Dea della fertilità fra le macerie dell’ex Fabbrica Cirio (stupendo ricordo video di Marius Mele 2016), ma anche il volo dell’uccello che fende lieve l’aria; gli uccelli e le foglie in una pagina della natura di Aldo Masullo; il fuoco nella ceramica e nel suo sodalizio con i cari amici ceramisti, in un antro caverna fucina d’arte e di vita, (Stazione del Dorico in Ceramica, di Autuori 2014); e l’etere infine, qualcosa di incompiuto, come la visita di un cavaliere silenzioso, senza lasciare traccia, metafora e inizio di un altro viaggio ancora, ma sempre vita, durante una giornata nel suo studio, di Francesco Russo nel 2001, un non so che di blu che lo insegue, frammentato di tele e colori, fino alla spiaggia delle Sirene, con l’incedere sospeso fra il rumore del vento e il fragore delle onde, in un tempo inatteso, nella dissolvenza della chiusa, io bramo sempre di più, come una sinfonia di Brahms.