Lucio Caracciolo

«Le dinamiche demografiche – ha dichiarato il fondatore di Limes – già fanno prevedere un nuovo ordine mondiale. Lo “stato profondo” è indispensabile anche al dittatore più assoluto»

Il deep State. Geopolitica e intelligence” è il titolo della lezione tenuta da Lucio Caracciolo, fondatore e direttore della rivista italiana di geopolitica “Limes”, al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri.
Caracciolo ha iniziato analizzando in modo attento le dinamiche geopolitiche mondiali, approfondendo i punti di crisi e spiegando la definizione di “stato profondo”.
Partendo dall’analisi di cosa si intende per “transizione egemonica”, ossia il passaggio da una fase in cui una potenza dettava la geopolitica mondiale a una fase di passaggio verso una diversa egemonia, ha fornito un quadro completo del possibile futuro dell’ordine mondiale.
Per il docente, le radici di fondo che hanno posto in crisi l’egemonia americana emergono senza ombra di dubbio analizzando le statistiche dell’ONU su demografia e biologia della popolazione mondiale entro la fine del secolo: è del tutto evidente che nuove potenze mondiali, come la Cina e il continente africano, stiano lentamente emergendo.
Con dati demografici alla mano, ha evidenziato che oggi più della metà dell’umanità risiede in Asia (circa 4 miliardi e 800 milioni su quasi 8 miliardi e 200 milioni), seguita dall’Africa, il continente più giovane (età media di 18 anni rispetto ai 42 europei).
In questo quadro predittivo, ha quindi descritto le due principali aree di tensione geopolitica: la prima, di dimensioni più contenute, rappresentata dal conflitto in Ucraina, definita “guerra russo-americana”; e la seconda relativa alla sfida strategica sino-americana che si svolge nel teatro asiatico, e in particolare nella zona dell’indo-pacifico.
Se alla fine della Seconda guerra mondiale gli USA hanno capito che il dominio dei mari e degli oceani è sinonimo di controllo dell’economia mondiale, anche la Cina, ha evidenziato, comincia a porre le fondamenta per un futuro controllo delle rotte commerciali.
Ed è proprio in questo quadro che è maturata la strategia della “nuova via della seta”, che prevede una integrazione tra rotte marittime e terresti, passando per l’oceano artico ed escludendo, di fatto, il continente europeo.
Oltre a ciò, il docente ha analizzato la crisi dello stretto di Bab el-Mandeb, collocato all’incrocio tra penisola arabica, Corno d’Africa e parte meridionale del Mar Rosso.
A riguardo, ha fatto riferimento al nostro Paese che, non avendo uno sbocco oceanico diretto, deve poter contare sulla libertà di navigazione attraverso gli stretti, e in particolare attraverso il “sistema Gibilterra, Suez e Bab el-Mandeb”, che connette l’Oceano Atlantico all’Oceano Indiano e quindi al Pacifico.
Caracciolo ha quindi ribadito che la sfida principale per gli Stati Uniti è quella rappresentata dalla Cina e non solo l’annessione dell’isola di Taiwan, ma sono fattori determinanti nella sfida tra le due superpotenze anche le mire espansionistiche cinesi verso nord e occidente, cioè verso Mongolia interna, Xinjiang, Hong Kong e Tibet.
Successivamente, si è soffermato sulle criticità che potrebbero verificarsi indipendentemente dagli esiti della guerra dell’Ucraina.
Quest’ultima anche in caso di vittoria dovrebbe fare i conti con il drastico calo demografico dovuto alle morti che sta causando il conflitto.
Analizzando specularmente la posizione della Russia, il docente ha rilevato le future geografie che andrebbero a delinearsi, per poi evidenziare che, in caso di sconfitta, sono già state previste alcune frammentazioni territoriali, ipotizzate anche dalle minoranze etniche presenti in terra sovietica.
Caracciolo ha poi tratteggiato un excursus storico e geopolitico della situazione israelo-palestinese per contestualizzare l’attacco del 7 ottobre.
Quello che è emerso è che Israele, da vittima dell’attacco di Hamas, attraverso le violente risposte e gli attacchi al popolo palestinese, si è trasformata in carnefice, tradendo la sua ragione d’essere.
Infatti, se lo Stato di Israele è nato per offrire al popolo ebraico un posto sicuro dall’antisemitismo, ora si sta lei producendo violenza nei confronti di un altro popolo.
Da ultimo, il docente si è soffermato sul concetto di deep state, “stato profondo”, che ha la determinante funzione di garantire la continuità dello Stato.
Pertanto, lo “stato profondo” è ciò che permette a una Nazione, indipendentemente da chi la governa, di esistere e funzionare, continuando a garantire quello scambio tra sicurezza promessa dal governo e obbedienza accettata dalla popolazione.
Ha quindi sottolineato che lo “stato profondo”, spesso identificato come una oligarchia che si muove in maniera autonoma rispetto al potere politico, conferma che il potere sia autonomo rispetto al potente.
Il potente, anche se identificato con il dittatore più assoluto, non è in grado di controllare il sistema di cui pure è l’espressione più visibile, se non ha una struttura alla base che lo sostenga e garantisca le funzioni dello Stato.
In conclusione, Caracciolo ha evidenziato che, se lo “stato profondo” (o anticamera del potere) non funziona parallelamente al potere visibile, si generano distorsioni istituzionali, crisi di credibilità e squilibrio poteri, poiché “Una volta che il potere legittimo non funziona o viene considerato inquinato, tutto diventa possibile”.