Dopo la partecipazione alla Biennale d’arte salernitana organizzata a Palazzo Fruscione da Geppino Gorga il professionista parla a ruota libera del suo concetto di arte

Vincenzo Santoro, architetto ed artista poliedrico, ha di recente partecipato con opere pittoriche e ceramiche alla Biennale d’arte salernitana organizzata a Palazzo Fruscione da Geppino Gorga. Gli abbiamo posto qualche domanda per approfondire le caratteristiche della sua ricerca:

  • Come nasce e quando nasce in te l’esigenza di esprimerti creativamente? Raccontacelo anche cronologicamente

«Sono sempre stato convinto che ognuno abbia una inclinazione in qualche ambito, nel mio caso, da subito e nel disegno. Munito di un forte senso di immaginazione, il disegno ha rappresentato un mezzo per esprimere tutta la mia interiorità, creatività e anche sensibilità. Dopo un periodo di relax produttivo, l’onda artistica si è rimanifestata in fase post-adolescenziale, spingendomi ad uscire allo scoperto, mostrare ad altri timidamente quello facevo, ma con una forte insicurezza, timoroso di mostrare lavori pervasi da poca maturità e semplicistici non tanto nei contenuti ma nella restituzione visiva. Essendo completamente autodidatta, lo sforzo di raggiungere determinati obiettivi, è stato senz’altro più impegnativo, ma anche interessante nello scoprire e studiare tecniche e percorsi, in primis, dei grandi maestri».

  • I tuoi studi di architettura hanno influenzato la tua graduale evoluzione artistica?

«L’aver seguito un corso di laurea in architettura e svolto per anni il lavoro da libero professionista senz’altro ha influito sulla formazione da artista, sicuramente in modo positivo. La metodologia progettuale acquisita ha contribuito, non poco, a costruire quella artistica consentendomi di poter aver un approccio più razionale, ma non per questo meno disinibita, nella fase creativa e mettere in pratica ciò che il mio immaginario restituiva».

  • Ami sperimentare nuovi campi e diverse tecniche all’interno degli stessi campi?

«Mi sono sempre espresso col segno grafico, partendo dall’uso della matita, poi pittura ad olio, fino ad approdare ai colori acrilici, molto più versatili e intensi. Nell’ultimo decennio ho sviluppato l’dea di creare opere tridimensionali con l’uso della ceramica, per dare corpo alle mie idee e anche perché convinto di un maggior coinvolgimento da chi fruisce l’opera. Parallelamente sono passato all’uso di materiali differenziati, sia naturali che sintetici, spesso diventati parte integrante di opere e con le quali interagiscono e si amalgamano, si legano in modo indissolubile. Quindi un mondo polimaterico dove corpi ed elementi bidimensionali di varia natura e forma vivono all’unisono».

  • Hai partecipato ultimamente alla 5° edizione della Biennale di arte Contemporanea salernitana a Palazzo Fruscione come consideri questa esperienza collettiva?

«Ho partecipato a varie mostre collettive, e anche la Biennale di arte Contemporanea di Salerno edizione 2023, come tutte, ha contribuito ad arricchirmi e confrontarmi con altri autori, con la consapevolezza di possedere le giuste potenzialità e di poter continuare a percorrere la strada intrapresa».

  • Quali sono, se ci sono, i  tuoi prossimi programmi ed obiettivi nel campo dell’arte?

«La mia parola d’ordine è sperimentare, cosa che mi spinge a continuare in questo “universo”, e mi sorregge ogni qualvolta ho davanti una tela bianca oppure materiali diversi tra le mani. Per il futuro, l’ipotesi di programmare una personale sta diventando sempre più concreta, dovranno verificarsi le condizioni per renderla realistica».

  • Come definiresti la tua arte di impegno civico, sociale, speculativo o cosa altro vuoi comunicare al fruitore?

«I miei lavori spesso contengono dei messaggi. Il punto di partenza è quello che proviene dal mondo reale quello che mi circonda e mi stimola, e mi spinge ad affrontare temi diversi e attuali, sia civile che a carattere sociale. I temi della libertà, dell’immigrazione, dell’inconscio, sono stati rappresentati in dipinti e opere di ceramica nonchè in sculture polimateriche. Pertanto un impegno diversificato costituiranno il costante obiettivo, anche in futuro, per le mie creazioni, con l’intento di incuriosire, attirare e stimolare la mente del fruitore, consentendogli, quanto possibile, di poter comprendere l’immaginario e la personalità dell’artista».

Di Gabriella Taddeo

Gabriella Taddeo è laureata in Filosofia e lettere moderne. Ha pubblicato una notevole serie di saggi di critica d’arte e letteraria. È pubblicista dal 1995, ha collaborato e collabora con giornali e riviste (Il Mattino, Puracultura, La Città, Lapis arte, Arte e... Dossier sud, Lapilli, rivista T.A.G.S, L’attualità). È stata responsabile e curatore del Museo municipale “Città creativa” della ceramica dal 2001 ad ottobre 2018. Attualmente è direttrice della rivista semestrale internazionale Matres.