Una stuzzicante variante alla provenienza ed alla vita del condottiero che nell’Esodo guida il popolo in fuga dall’Egitto è narrata nei Targûmîm. Vediamola insieme
Mosè in quasi tutte le versioni dell’Antico Testamento è un ebreo, ma per i Targûmîm, la versione in aramaico della Bibbia, è un egizio figlio di uno yahud, ovvero un appartenente alla casta sacerdotale degli yahudae (da cui si vuole derivata la denominazione di Giudea per il territorio), che operavano al servizio dei faraoni anche al tempo del celebre Akhenaton.

I Targûmîm narrano che a fuggire dall’Egitto non sarebbero stati gli ebrei, ma esclusivamente egiziani appartenenti a tre caste sociali: alta classe militare, casta sacerdotale e popolino. E anche se lo storico di origini ebraiche Giuseppe Flavio identifica l’esodo con la cacciata dall’Egitto degli Hyksos, avvenuta circa nel 1580 a.C., non è del tutto fantasioso, sempre ammesso che questa sia la verità, ipotizzare che gli egiziani fuoriusciti fossero i “fedelissimi” di Akhenaton, che visse – secondo gli studiosi – fino al 1334 a.C. circa, in fuga da una nazione nella quale per loro era ormai pericoloso vivere.
Questo spiegherebbe anche le ponderose ricchezze (sette tonnellate di preziosi, tra cui 1300 chili circa di oro) che portavano con sé. Tra l’altro gli ebrei, in quel periodo, sembra non esistessero neppure come identità etnica definita, come asserisce anche il professor Lee I. Levine, docente di storia ebraica presso la Hebrew University di Gerusalemme. Secondo Levine il concetto di popolo ebraico è il risultato di un processo svoltosi in tempi molto lunghi.
La tesi non è nuova: Sigmund Freud in “L’uomo Mosè e la religione monoteistica: tre saggi” rileva un’identità tra il culto del dio-sole egizio e il culto israelitico.
Ad altri studiosi non sono affatto sfuggite le strane assonanze tra l’inno ad Aton, il disco del Sole di Akhenaton, e il salmo 104. Non li riportiamo per brevità, ma vale la pena di metterli fianco a fianco per confrontarli. Così come i dieci comandamenti che noi conosciamo sembrano davvero fin troppo ispirati alle 42 dichiarazioni che l’anima del morto doveva fare presentandosi ad Osiride per essere giudicato e sapere se poteva passare al regno della luce. I quesiti erano in forma negativa. Per esempio: non ho ucciso, non ho rubato, e così via.
Infine, anche la Bibbia che noi abbiamo in casa alimenta il dubbio, perché quando Mosè incontra le figlie di Jetro/Rauel, che poi sarebbe divenuto suo suocero, viene definito “un egiziano”. Leggiamolo nei versi 16-19 di Esodo 2: “16 Ora il sacerdote di Madian aveva sette figlie. Esse vennero ad attingere acqua per riempire gli abbeveratoi e far bere il gregge del padre. 17 Ma arrivarono alcuni pastori e le scacciarono. Allora Mosè si levò a difenderle e fece bere il loro bestiame. 18 Tornate dal loro padre Reuel , questi disse loro: «Perché oggi avete fatto ritorno così in fretta?». 19 Risposero: «Un Egiziano ci ha liberate dalle mani dei pastori; è stato lui che ha attinto per noi e ha dato da bere al gregge»”.

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