Attraverso degli elettrodi vengono stimolate le zone celebrali colpite da traumi per agevolare il recupero dei ricordi perduti. Per ora la sperimentazione è stata limitata a soggetti colpiti da epilessia

di Valerio Kohler

Rimanere privi dei propri ricordi può essere una delle esperienze più alienanti e dolorose della vita di un individuo, soprattutto se ad essere cancellate sono le porzioni importanti della propria esistenza ed è proprio su questo tema che recentemente è intervenuta la Darpa (azienda del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, dedita allo sviluppo di tecnologie ad uso militare), la quale ha sostenuto economicamente due team per il conseguimento di un progetto, di un dispositivo.

Dopotutto sono migliaia i soldati che durante la guerra arrivano a soffrire di traumi cranici, perdendo parte delle funzioni cognitive. È negli interessi stessi della Darpa trovare una soluzione al problema.
Presentato a Chicago tra il 17 e il 21 Ottobre durante il meeting annuale della Society for Neuroscience, il progetto ha ricevuto in poco tempo un riscontro più che positivo.
Il funzionamento del dispositivo è comprensibile, in quanto lenisce i danni causati dai traumi stimolando elettricamente le parti del cervello dedite alla formazione e alla conservazione dei ricordi.
I test compiuti sono stati però eseguiti su alcune persone affette da epilessia, le quali avevano già da tempo degli elettrodi impiantati nella zona celebrale. Il test si è focalizzato sul riconoscimento delle immagini: 90 secondi dopo aver presentato un numero preciso di fotografie, veniva chiesto al soggetto di riconoscere quali avesse effettivamente visto. I risultati hanno restituito gli effetti attesi, portando gli individui ad un forte miglioramento delle abilità cognitive. Basti pensare che il margine di miglioramento tra gli epilettici con il dispositivo e quelli senza il dispositivo è stato vicino all’80%.
La speranza dietro questa scoperta in ogni caso è che non finisca soltanto per essere utilizzata in ambito militare ma anche verso situazioni più comuni.
Un esempio chiaro è quello relativo alla vecchiaia, che porta inevitabilmente all’indebolimento della memoria e il dispositivo, soprattutto in questo caso, potrebbe aiutare a risolvere il problema.
Naturalmente la cura non aiuterà a risolvere i difetti più gravi, come quelli relativi ai traumi in fase avanzata o alla sindrome di Alzheimer ma lo studio servirà anche per supportare certe ricerche legate alla memoria.

Di Gigi Di Mauro

Giornalista con esperienza quasi quarantennale, è educatore e pedagogista clinico. Da oltre un ventennio si dedica allo studio della storia comparata delle religioni, ottenendo nel 2014 dal Senato accademico dell'MLDC Institute di Miami una laurea Honoris Causa in studi biblici. È autore di alcuni saggi, tra i quali uno sulle bugie di storia e religione

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