A dirci che non esiste teologi cattolici, valdesi, un rabbino capo e un ex collaboratore delle edizioni San Paolo in veste di traduttore dall’ebraico biblico
Conoscete tutti l’episodio biblico della cacciata di Adamo ed Eva dal “paradiso terrestre” a causa della loro disubbidienza a Dio che aveva comandato di non mangiare i frutti dell’albero della conoscenza. E che questo è il “peccato originale” in funzione del quale Dio ha mandato sulla Terra suo figlio Gesù per essere, attraverso il martirio della crocifissione, l’agnello sacrificale che ci ha permesso di ricongiungerci a Dio ottenendo il suo perdono.
Bene, oggi vedremo come questa sia una castroneria teologica sulla quale la Chiesa ha costruito buona parte del suo potere basato sul senso di colpa dei fedeli, che hanno ereditato la colpa dai loro progenitori Adamo ed Eva.
Il concetto viene introdotto la prima volta da “San” Paolo nella sua lettera ai Romani, al paragrafo 5: “Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita“.
Il concetto è stato poi ampliato e completato dallo psicopatico Sant’Agostino d’Ippona (chi vuol sapere perché lo definisco tale mi scriva in privato). che per giustificare la critica a Pelagio sull’origine del male, ha introdotto la teoria della “Colpa originaria” per mano di Adamo. Prima di lui non abbiamo notizia di nessun autore patristico che sostenesse l’idea del peccato originale.
Aggiungiamo anche che, come abbiamo detto in altri articoli, Adamo ed Eva non sono i progenitori dell’umanità, e quindi qualsiasi loro azione non può ricadere sull’umanità.
Per dimostrare la nostra testi ci avvarremo di dichiarazioni di persone tutt’altro che insignificanti fatte durante un convegno tenutosi a Milano nel 2016. Parliamo di un ex collaboratore delle edizioni San Paolo in qualità di traduttore di ebraico biblico, ovvero Mauro Biglino; di Ariel Di Porto, rabbino capo della comunità ebraica di Torino; del dottor Daniele Garrone, biblista, coautore di dizionari di ebraico e aramaico biblici e pastore protestante valdese; di don Ermis Segatti, sacerdote cattolico e docente di Teologia e Storia del Cristianesimo presso la Facoltà teologica dell’Italia settentrionale. E dunque leggiamo brevi estratti dalle loro dichiarazioni in materia di peccato originale.
Mauro Biglino: «Ma se il peccato originale non esiste e non ha comunque macchiato l’umanità (visto che Adamo ed Eva non ne sono i progenitori), aveva senso che un Dio mandasse suo figlio a farsi massacrare e uccidere per liberare l’umanità da una macchia che non c’è?». Anche la Bibbia di Gerusalemme (testo della Bibbia Cei commentato dalla scuola biblica domenicana di Gerusalemme) nelle sue note commenta che non si tratta di una punizione per una colpa già commessa ma si tratta di una decisione preventiva. E quindi non va cercato qui ciò che vi è stato letto successivamente, e non va cercato qui ciò che poi è stato elaborato dalla teologia successiva”.
«Se manca il mandante e manca il movente – chiede al pubblico e ai correlatori Biglino – chi è che ha mandato Gesù Cristo, e per che cosa è stato mandato?
Gli fa eco il rabbino Ariel Di Porto: «Nella tradizione ebraica, il peso di questo è molto inferiore rispetto a quello che troviamo nella tradizione cattolica. C’è pure una contro domanda molto provocatoria che fanno i commentatori: Ma se l’uomo non conosceva il bene e il male come fa ad essere punito per aver peccato? E com’è possibile dire che l’uomo ha peccato?»
Per il sacerdote Valdese dottor Daniele Garrone «Tra la Genesi 3 e Romani 5:12, dove l’apostolo Paolo dice che per mezzo di un uomo la morte è entrata nel mondo, evidentemente non c’è coincidenza. E anzi, uno leggendo Paolo si può chiedere dove trova quell’idea, cioè di un atto di decadenza, di un fallimento iniziale dell’umanità, che poi l’avrebbe sempre caratterizzata? Una delle cose che mi ha sempre più colpito è l’atteggiamento di Dio che alla fine non sembra drammaticissimo. Cioè, dice: “Va bene, sono diventati come uno di noi, se stanno ancora nel giardino possono prendere l’albero che li rende oltretutto immortali, mandiamoli via…”. Ma si preoccupa persino del fatto che loro si vergognano di essere nudi e li copre. Cioè, non sembra, appunto, una reazione apocalittica».
Infine don Ermis Segatti: «Staccherei il concetto di peccato originale da un concetto clanico di peccato, cioè i genitori han peccato e i figli se lo tiran dietro. Una roba di questo genere secondo me nel Nuovo Testamento è ampiamente sconfessata. Anche se, purtroppo, è stato ampiamente usata in teologia. Mi fermerei qua».
Resta la domanda di Biglino: «aveva senso che un Dio mandasse suo figlio a farsi massacrare e uccidere per liberare l’umanità da una macchia che non c’è?»