Una raffigurazione egizia di Anath

La consorte di quello che oggi è il Dio padre del Cristianesimo era conosciuta e adorata dalla civiltà ugaritica (oggi Libano settentrionale), ma anche nella colonia ebrea di Elefantina

Anath
Una presunta raffigurazione di Anat o Anath, custodita nel Walters Art Museum di Baltimora

Oggi riprendiamo un tema che in un’altra occasione abbiamo appena accennato: quello della moglie di Yahweh, fatto diventare dall’apostolo Paolo il Dio dei Cristiani e padre di Gesù.
Nelle culture ugaritiche (da Ugarit, antica città – oggi Ras Shamra – sulla costa della Siria, a nord di Lattakie), semitiche e cananee Yahweh era ben conosciuto ed era ben conosciuta anche sua moglie, una Asherah, citata nel testo biblico anche come Astarte. Si chiamava Anat-Yahu (moglie di Yahweh, grossomodo) ed era venerata soprattutto nella colonia ebraica di Elefantina, in Egitto.
Sull’argomento fa una dotta discussione Karel Van Der Toorn nel 1992, in un articolo riportato nel volume XXXIX, fascicolo 1, della rivista Numen. Il titolo dell’articolo,  che vi suggerisco, per soddisfare le vostre curiosità, di cercare e acquistare (22 pagine in inglese), è “Anat-Yahu, alcune altre divinità e gli ebrei di Elefantina“. Su Amazon, sullo stesso argomento, potete trovare (sempre in inglese) il libro di A.P. WolfAnat-Yahu. The Queen of Heaven“.
Torniamo ad Anat-Yahu. Il suo ruolo è provato da alcuni ritrovamenti archeologici – principalmente ostraka, cioè cocci di conchiglie e, per estensione, frammenti ricurvi di ceramiche – fatti anche a Ugarit e a Kuntillet Ajrud, che citano “Yahweh” e la sua “Asherah” (una delle frasi ritrovate è “ti accompagnino durante il tuo viaggio Yahweh del Teman e la sua Asherah“) e in diversi testi ugaritici, accadici e ittiti.

È nominata più volte anche nella Bibbia, sebbene con il tempo sia divenuta evidente la sua progressiva eliminazione dal testo. La recente versione CEI, infatti, in Deteuronomio 16:21 riporta: “Non pianterai alcun palo sacro di qualunque specie di legno, accanto all’altare del Signore tuo Dio, che tu hai costruito; non erigerai alcuna stele che il Signore tuo Dio ha in odio”. Ma la Riveduta del 1925 tradotta dal professor Giovanni Luzzi e la Nuova Riveduta, di non molto successiva, scrivono: “Non metterai nessun idolo d’Astarte, fatto di qualsiasi legno, accanto all’altare che costruirai a Yahweh, il tuo Elohìm”.
Ancora, la citazione presente in Geremia 44:17, “anzi decisamente eseguiremo tutto ciò che abbiamo promesso, cioè bruceremo incenso alla Regina del cielo e le offriremo libazioni come abbiamo già fatto noi, i nostri padri, i nostri re e i nostri capi nelle città di Giuda e per le strade di Gerusalemme. Allora avevamo pane in abbondanza, eravamo felici e non vedemmo alcuna sventura”, sembra proprio abbia come soggetto Astarte. Ma la cultura maschilista degli ebrei, al ritorno dall’esilio di Babilonia, avvenuto nel VI secolo a.C., decise che Yahweh non potesse avere una moglie. La cultura sessuofobica cristiana, nel tempo, ha completato l’opera.

Di Gigi Di Mauro

Giornalista con esperienza quasi quarantennale, è educatore e pedagogista clinico. Da oltre un ventennio si dedica allo studio della storia comparata delle religioni, ottenendo nel 2014 dal Senato accademico dell'MLDC Institute di Miami una laurea Honoris Causa in studi biblici. È autore di alcuni saggi, tra i quali uno sulle bugie di storia e religione