I romani e i greci usavano un linguaggio mo

Non solo le opere nobili, ma anche tanti autori famosi che non le mandavano a dire … mai! Tra essi Cicerone, Catullo, Aristofane e ancora molti nomi

Ci hanno sempre fatto credere al liceo che tranne quel buontempone di Catullo i romani e i greci fossero persone il cui linguaggio era da salotto. E invece basta un po’ di ricerca per scoprire che, come oggi sia nel mondo dello spettacolo che nella vita reale, qualche parolaccia scappa un po’ a tutti. Certo, non ci avrebbero mai fatto tradurre al liceo brani contenenti frasi, parole ed espressioni un po’ (tanto) sopra le righe, ma esse ci sono e allora regaliamoci un sorriso andando a riscoprirle.
Alcune le conosciamo praticamente tutti, come cunnilingus e fellatio. Solo che mentre oggi le intendiamo come nome dotto di quelle benemerite pratiche di sesso orale a favore di lei o di lui, al tempo di Cicerone e Marziale il verbo fellare (fello, fellas, fellavi, fellatum, fellare) significava proprio quel che noi intendiamo oggi, in modo più o meno colorito a seconda dei dialetti: spompinare, fare bocchini, o, nella sostantivizzazione del termine, succhiacazzi!
Ce ne fornisce un esempio piuttosto forte Marziale nei suoi Epigrammi, nel secondo libro, carme 50: Quod fellas et aquam potas, nil, Lesbia, peccas. Qua tibi parte opus est, Lesbia, sumis aquam (Se succhi l’uccello e poi bevi dell’acqua, Lesbia, non sbagli. Utilizzi l’acqua, Lesbia, nel modo che ti è utile). La Lesbia del carme è la stessa di cui era innamorato Catullo, e che lo stesso aveva chiamato Lesbia in onore alla poetessa Saffo. Era la moglie del proconsole Quinto Metello Celere e, per usare un eufemismo, non era un esempio di virtù, tanto che Catullo prima la amò alla follia e poi le dedicò anche l’ode celeberrima Odi et amo.
Sempre di Marziale prendiamo ora il carme 69 del terzo libro: Omnia quod scribis castis epigrammata verbis. Inque tuis nulla est mentula carminibus, Admiror, laudo. (Tutti gli epigrammi che scrivi contengon (solo) caste parole ed io ammiro e rispetto che nei tuoi poemetti mai è citato il cazzo). Una ulteriore curiosità: mentula appartiene alla prima declinazione ed è un oggetto di genere femminile, come oggi la minchia in dialetto siculo. Da che deriva? Möndull (anche manico) deriva dal sancrito manthati, che significa far girare, torcere, trapanare (dalla radice manth-, donde in seguito il latino mentula). Insomma, più concreti di così …
Ma era solo Marziale ad essere sboccato? Vediamo quanto è esplicito Catullo che abbiamo già nominato. Prendiamo un pezzetto del carme XVI del Liber Catullianus: Pedicabo ego vos et Irrumabo, Aureli pathice et cinaede Furi! (In culo e in bocca ve lo metterò, invertito Aurelio e Frocetto Furio!).
Ma il mondo greco non era da meno degli abitanti di Roma: Aristofane negli Acarnesi (ma non solo in quella) sfoggia un lessico che manco Thomas Milian quando interpretava er Monnezza o l’ispettore Nico Giraldi.
Lo scriviamo in alfabeto latino così possono leggerlo tutti: O thermòbulos proktòn exyremène, toiònde gh’, o pìtheke, tòn pòghon ‘èchon eunoùchos hemin èlthes eskeuasmènos? (Tu, testa calda, culo rasato, perché ti presenti qui con quella barba da scimmia a fare l’eunuco?).
E allora, vi va di saperne di più sulle parolacce greche e latine? Fatecelo sapere, o contattatemi direttamente tramite il mio account su Facebook.

Di Gigi Di Mauro

Giornalista con esperienza quasi quarantennale, è educatore e pedagogista clinico. Da oltre un ventennio si dedica allo studio della storia comparata delle religioni, ottenendo nel 2014 dal Senato accademico dell'MLDC Institute di Miami una laurea Honoris Causa in studi biblici. È autore di alcuni saggi, tra i quali uno sulle bugie di storia e religione