Assegno di Inclusione: le spese di casa tra dubbi e limiti normativi | cosa si può davvero pagare

Assegno di Inclusione: le spese di casa tra dubbi e limiti normativi | cosa si può davvero pagare

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L’Assegno di Inclusione continua a generare interrogativi, soprattutto per chi deve far quadrare il bilancio familiare e si domanda se sia possibile usarlo per coprire le spese di casa.

L’Assegno di Inclusione continua a generare interrogativi, soprattutto per chi deve far quadrare il bilancio familiare e si domanda se sia possibile usarlo per coprire le spese di casa. Tra affitto, bollette, beni essenziali e costi condominiali, la normativa fissa limiti precisi e non sempre intuitivi, rendendo necessario capire cosa è effettivamente consentito e cosa invece rimane escluso.

Dal 1° gennaio 2024 l’ADI ha sostituito il Reddito di Cittadinanza, introducendo un sistema di sostegno rivolto ai nuclei più fragili, con regole specifiche su requisiti, importi e modalità di utilizzo. La misura si basa su una carta elettronica, la Carta di Inclusione, attraverso cui vengono erogate le somme mensili e che permette di effettuare pagamenti tracciabili, ma solo entro i limiti stabiliti dalla legge. Proprio questi vincoli incidono sulla possibilità di coprire spese particolari, come quelle condominiali, spesso escluse dai bonifici consentiti.

Le regole di utilizzo dell’ADI e il nodo delle spese condominiali

L’Assegno di Inclusione è destinato ai nuclei familiari che comprendono almeno un soggetto in condizione di fragilità, come minorenni, persone con disabilità, over 60 o individui inseriti in percorsi certificati di assistenza. Per accedere alla misura occorrono un ISEE basso, il rispetto dei limiti patrimoniali e l’adesione a un progetto personalizzato di attivazione sociale o lavorativa. L’importo del beneficio può raggiungere 6.500 euro l’anno, arrivando a 8.190 euro nei nuclei composti da soli anziani o da persone con disabilità gravi, con un minimo garantito di 480 euro annui.

La legge prevede anche un contributo affitto fino a 3.640 euro annui se il contratto è registrato e riguarda l’abitazione di residenza, mentre nei nuclei costituiti esclusivamente da over 67 il tetto scende a 1.950 euro. I fondi vengono caricati mensilmente sulla Carta ADI per un massimo di 18 mesi consecutivi, rinnovabili per ulteriori 12 dopo una pausa di un mese. La carta permette di pagare beni essenziali, bollette, affitto o mutuo tramite bonifico verso il locatore o la banca, oltre a un prelievo limitato in contanti per piccole spese non tracciabili.

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Perché il condominio resta fuori e quali alternative esistono oggi

La normativa attuale non include le spese condominiali tra quelle ammesse ai pagamenti tramite Carta ADI. Non esiste un divieto esplicito, ma i bonifici sono tecnicamente vincolati a beneficiari specifici: il proprietario dell’immobile per l’affitto e l’istituto di credito per il mutuo. Per questo, i versamenti indirizzati all’amministratore condominiale risultano spesso bloccati o non riconosciuti, impedendo di fatto l’utilizzo del sussidio per queste spese. Una limitazione che pesa soprattutto su chi ha affitto e oneri separati o su chi è proprietario della casa e deve comunque sostenere le quote condominiali.

Al momento, le strategie possibili sono due: chiedere all’amministratore una rateizzazione delle quote per distribuire il peso economico nel tempo, oppure utilizzare l’ADI per coprire le spese ammesse e liberare risorse personali da destinare al condominio. Diverse associazioni hanno chiesto al governo di ampliare la lista delle spese consentite, ma non sono ancora arrivati aggiornamenti normativi. Chi usufruisce dell’ADI deve quindi considerare che il pagamento del condominio non rientra tra gli usi previsti, rendendo necessaria un’attenta pianificazione del bilancio familiare per evitare difficoltà nei mesi successivi.