Un’infanzia nocerina: ricordi di un padre del secolo scorso

Un’infanzia nocerina: ricordi di un padre del secolo scorso

Ogni anno, la festa del papà mi porta a riflettere sul mio, un uomo la cui presenza terrena è ormai un ricordo, ma la cui essenza continua a guidarmi. Tra i tanti momenti indelebili, spicca quello della mia infanzia: la primavera, e lui che mi veniva a prendere all’asilo delle suore di via Matteotti. Via Matteotti, allora, era un luogo diverso: un susseguirsi di ville immerse in profumati roseti, un’immagine lontana dall’attuale panorama urbano. Oltre le dimore signorili, si ergeva il cinema Modernissimo, con la sua platea e la galleria dal parapetto ligneo. E lungo il fiume, i vecchietti passavano le domeniche mattutine intenti a pescare, intrattenendosi in chiacchiere su tempi ormai lontani. Mio padre, allora giovane e aitante, arrivava con una bicicletta presa in prestito, munita di seggiolino per me. Io, piccola, seduta davanti a lui, percorrevo con lui Piazza Municipio, passando dal distributore di benzina e dal Bar Romano, lungo Corso Vittorio Emanuele fino al Lupino secco, una strada selciata che richiedeva un equilibrio non indifferente. Ricordo quella sensazione di essere una principessa, protetta dal suo amore. Non era un padre moderno, non dispensava complimenti, né mi dava sempre ragione, nemmeno in età adulta. Eppure, percepivo il suo orgoglio per me e i miei sforzi. Quando scrivevo, trovava sempre qualcosa da migliorare, come se il mio meglio non fosse mai abbastanza. Mi ha insegnato l’onestà intellettuale, il rigore morale e la coerenza. Mi ha mostrato che amare non significa essere accondiscendenti, ma saper dire di no per favorire la crescita. Mi ha trasmesso la passione per il lavoro, da svolgere con integrità, dedizione e competenza. Lui è, resta e resterà sempre il mio papà; il suo ricordo, la sua essenza, continueranno ad abitare il mio cuore. Un augurio a tutti i padri: che l’amore li guidi nel loro ruolo, nella formazione di figli consapevoli, maturi ed emotivamente equilibrati. (Nella foto, io, Carla D’Alessandro, nel 1955 con papà Raffaele e mamma).