Enzo Moscato ricorda Annibale Ruccello a Salerno

Dal 6 al 9 febbraio, il Teatro Ghirelli di Salerno ha ospitato una toccante commemorazione del drammaturgo Annibale Ruccello, tragicamente scomparso nel 1986. Enzo Moscato, regista e amico di Ruccello, ha messo in scena il monologo “Compleanno”, un’intensa riflessione sul delirio e sull’assenza, temi esplorati attraverso un linguaggio ricco di parole, suoni, immagini e gesti, teso a colmare il vuoto esistenziale. Moscato rappresenta un quotidiano esercizio di elaborazione del dolore e di superamento dell’istinto autodistruttivo, affrontando questi temi con un’ironia malinconica, tra ricordo struggente e paradossale celebrazione. La scenografia essenziale – un tavolo, poche sedie, qualche rosa finta, una bottiglia di spumante – sottolinea l’ordinarietà di una situazione che allude a un’immaginaria riunione tra amici, o forse a un festa di compleanno tra amiche chiacchierone. Moscato confessa di aver sempre “rifiutato” la morte di Ruccello, rimuovendo il dolore sin dal tragico annuncio del 12 settembre 1986. Questa negazione della scomparsa fisica dell’amico persiste, una tenacia infantile che lo accompagnerà fino alla fine. Moscato immagina Ruccello in una nuova avventurosa esistenza, lontana dal mondo teatrale: un trafficante d’armi o un esploratore di oscure regioni, come nei romanzi di Joseph Conrad. Questa persistenza della presenza di Ruccello nella vita di Moscato, assimilabile a una sorta di “Malombra” ma priva di compiacimento letterario, è attribuibile all’immaginazione potente, quasi schizofrenica, degli artisti, che non si arrendono mai alla bruttezza del reale, neanche di fronte al tradimento del sogno di eternità. Moscato descrive Ruccello come un “geniale fanciullone”, un autore di storie ispirate al camp, al noir e al cinema americano, intrecciate con la letteratura verista meridionale, il tutto espresso con un linguaggio irriverente e fortemente caratterizzato dal dialetto napoletano. Moscato conclude affermando di conservare la memoria di Ruccello nelle sue parole, nei suoi gesti scenici, nella sua voce, cercando di suscitare inquietudine e riflessione negli spettatori. La regia e il testo sono di Enzo Moscato, la Compagnia teatrale porta il suo nome, le scene e i costumi sono di Tata Barbalato, le musiche di Salvio Moscato, e l’organizzazione generale è affidata a Claudio Affini.