L’Inganno Massone-Sabaudo: La Vera Storia dei Mille

L’Inganno Massone-Sabaudo: La Vera Storia dei Mille

La conquista del Regno delle Due Sicilie, narrata dalla storiografia tradizionale come un’impresa epica, è in realtà il risultato di una complessa cospirazione orchestrata dalle potenze internazionali. L’immagine di mille eroi che, improvvisamente, sbarcano al Sud, combattono e trionfano su un esercito più numeroso, per poi unificare la penisola, è eccessivamente semplificata. La spedizione garibaldina, ben lungi dall’essere un’azione spontanea, fu meticolosamente pianificata dalle logge massoniche internazionali, in particolare quella britannica. Ricchi finanziamenti, intrighi politici e perfino il reclutamento di figure chiave nell’esercito borbonico contribuirono a spianare la strada a Garibaldi, il quale, non a caso, manifestò sempre riconoscenza e amicizia verso gli inglesi. Documenti d’archivio provenienti da Londra, Vienna, Roma, Torino, Milano e Napoli confermano un’articolata trama internazionale che pose fine al Regno delle Due Sicilie, non per merito di eroici volontari animati da ideali unitari. Il Regno Unito, con la sua politica imperialista, aveva molteplici motivi per favorire la caduta di Napoli, ormai una potenza economica e politica rivale. I rapporti cordiali tra il Regno delle Due Sicilie e lo Stato Pontificio infastidivano particolarmente Londra, impegnata nell’eliminazione delle monarchie cattoliche. Napoli, pertanto, rappresentava un ostacolo alla strategia inglese, condivisa dai Savoia (anch’essi massoni), di soggiogare il potere papale e appropriarsi delle ricchezze della Chiesa. Personaggi chiave come Lord Palmerston e Lord Gladstone, in Gran Bretagna, Vittorio Emanuele II, Garibaldi e Cavour, erano tutti legati alla massoneria. La prosperità napoletana, terza potenza industriale europea nel 1856, frutto delle politiche di Ferdinando II che puntavano all’autonomia economica, preoccupava Londra. La flotta delle Due Sicilie, in particolare, rappresentava una minaccia per la supremazia navale britannica, soprattutto in vista dell’apertura del Canale di Suez nel 1859. L’integrazione tra sistema marittimo e ferroviario nel Meridione, nonché la posizione strategica del Regno nel Mediterraneo, ponevano Napoli come un concorrente temibile per il controllo del Mediterraneo, ambizione fondamentale per la Gran Bretagna, già in possesso di Gibilterra e Malta e desiderosa di annettere la Sicilia, strategica per il controllo del Mediterraneo e dell’Oriente. La presenza inglese in Sicilia, che imponeva il monopolio dello zolfo, vitale per l’industria dell’epoca, sottolineava l’interesse imperialista verso l’isola. I Borbone, invece di comprendere la minaccia proveniente dall’estero, sottovalutarono il pericolo, commettendo l’errore di ritenere la propria posizione inattaccabile. L’alleanza tra Napoli e Inghilterra, risalente a mezzo secolo prima, si era basata su vantaggi commerciali per la Gran Bretagna, ma le politiche di Ferdinando II volte a ridurre questa dipendenza generarono inimicizia e cospirazioni. Per gli inglesi fu più conveniente sostituire l’alleanza con i Borbone con quella, più conveniente, con i Savoia. Londra, dunque, manipolò gli equilibri italiani, diffondendo ideologie nazionaliste e denigrando Russia, Due Sicilie e Austria. Il Piemonte, sull’orlo del collasso finanziario, accettò l’offerta inglese di invadere il Regno delle Due Sicilie per impossessarsi delle sue ricchezze. Un articolo sul “Times”, precedente alla morte di Ferdinando II, rivelava le ambizioni imperialiste inglesi in Italia: “Austria e Francia hanno un piede in Italia, e l’Inghilterra vuole entrarvi essa pure”. Lo sbarco a Marsala e l’invasione costituirono un atto di pirateria internazionale, violando il diritto all’autodeterminazione dei popoli, un’aggressione che passò inosservata agli occhi delle altre nazioni, svelando un’azione preordinata.