L’enigma dell’espressione “Simme Sangiuvanne”

L’espressione “Simme Sangiuvanne”, che indica un legame profondo e indissolubile tra due persone, affonda le sue radici in una tradizione antica. Secondo la credenza popolare, essa richiama il rapporto tra il Battista e Gesù, estendendosi metaforicamente al vincolo tra padrino e figlioccio, o “cumpare e cumpariello”, che si instaurava tradizionalmente durante il battesimo o la cresima. Questo legame, fino a qualche tempo fa, era considerato sacro e particolarmente intenso: il padrino o la madrina rappresentavano una figura genitoriale aggiuntiva, un punto di riferimento insostituibile, con un rapporto superiore persino a quello fraterno. Questo forte legame si manifestava con uno scambio continuo di doni nelle ricorrenze principali, accompagnato da un’inesauribile disponibilità reciproca in caso di necessità. Tale rapporto si estendeva anche alle rispettive famiglie, creando legami altrettanto intensi, tanto da essere utilizzato, in passato, per indicare un patto inattaccabile, anche in ambienti poco raccomandabili. Nelle tradizioni del Sud Italia, soprattutto in Campania, Sicilia e Calabria, dove spesso le interpretazioni popolari si discostano dalla dottrina ufficiale, San Giovanni è considerato un santo vendicatore, che punisce severamente la violazione di questo sacro vincolo. Anche in altre regioni, come la Romagna, San Giovanni rivestiva un ruolo importante nella celebrazione di legami forti: in questo giorno, il giovane faceva dono di fiori alla fidanzata, ricevendone in cambio pochi giorni dopo, il 29 giugno, in occasione della festa di San Pietro, suggellando così ufficialmente il fidanzamento. La reputazione di vendicatore di San Giovanni si estendeva anche in altre zone, come Lombardia e Toscana. Si narra addirittura che l’effige di San Giovanni fosse impressa sul fiorino, antica moneta fiorentina, per scoraggiare i falsari, intimoriti dalle sue ipotetiche vendette.