Sentenza di condanna per maltrattamenti: l’ossessione per il risparmio diventa reato

Un uomo è stato condannato per maltrattamenti in famiglia a seguito di una sentenza della Corte di Cassazione (n. 6937/2023). La condanna, confermata in appello a Bologna e ora in Cassazione, si basa sull’imposizione di un regime di risparmio eccessivo e coercitivo alla moglie. L’uomo, pur non affrontando reali difficoltà economiche, obbligava la consorte a limitazioni estreme nella vita quotidiana, tra cui una sola doccia settimanale, un uso minimale di carta igienica e l’acquisto di soli prodotti economici e in offerta. La sentenza sottolinea come tale regime, inizialmente accettato, sia diventato nel tempo sempre più rigido e opprimente, portando la donna a nascondere acquisti e a lasciare la spesa dai genitori. Le testimonianze della moglie, supportate da quelle del padre e di amiche, hanno descritto una situazione di grave stress psicologico, con condotte vessatorie, umiliazioni verbali e persino aggressioni fisiche. L’uomo, inoltre, controllava persino il rapporto madre-figlia, vietando alla moglie di mostrare affetto alla bambina e imponendole appellativi dispregiativi. La Cassazione ha ribadito il principio, sancito dall’articolo 143 del codice civile, secondo cui entrambi i coniugi contribuiscono ai bisogni familiari, concordando lo stile di vita. Un regime di risparmio, seppur rigoroso, è lecito solo se consensuale, mai imposto con metodi coercitivi che ledono la dignità e la salute psicofisica del partner. Nel caso in questione, la perizia medica ha diagnosticato nella donna un disturbo da stress post-traumatico, con conseguenti alterazioni della personalità e pensieri suicidari, evidenziando la gravità delle condotte del marito. La corte ha quindi ritenuto pienamente fondata la condanna per maltrattamenti, rigettando il ricorso dell’uomo.