L’Arcangelo Gabriele e lo Spirito Santo: Un’Interpretazione Inaspettata di Daniélou

Nel suo influente trattato del 1958, “Teologia del giudeo-cristianesimo”, il cardinale Jean Marie Daniélou, figura di spicco della teologia cattolica, propone una lettura sorprendente della relazione tra lo Spirito Santo e l’arcangelo Gabriele. Riferendosi all'”Ascensione di Isaia” e al “Secondo Enoch”, Daniélou evidenzia un parallelismo tra l’angelo dello Spirito Santo, rappresentato come seduto alla sinistra del Signore, e Gabriele. Questa corrispondenza, secondo il cardinale, suggerisce fortemente che Gabriele sia la personificazione angelica dello Spirito Santo, almeno all’interno di certi testi giudeo-cristiani. Questa interpretazione, ovviamente, solleva interrogativi significativi sulla tradizionale comprensione della Santissima Trinità. Un’ulteriore osservazione riguarda la descrizione di Gabriele nel libro di Daniele, nella sua versione originale ebraica. A differenza delle traduzioni successive, che lo raffigurano in volo, il testo originale lo presenta come un uomo giunto stanco dopo un viaggio, suggerendo una natura più umana e meno tipicamente angelica. Questa rappresentazione, insieme alla cronologia della creazione iconografica degli angeli alati (IV-V secolo d.C.) e alla contemporanea elevata a Madre di Dio di Maria (Concilio di Efeso), alimenta ipotesi audaci sull’Annunciazione. L’ipotesi, provocatoria ma intrigante, è che Gabriele non si sia limitato ad annunciare la gravidanza di Maria, ma abbia attivamente contribuito alla sua realizzazione. Infine, un’analisi del testo greco originale dell’Annunciazione rivela un’ulteriore sfaccettatura. L’espressione “χαῖρε, κεχαριτωμένη” (chaire, kekharitōmenē), tradotta generalmente con “Ave, o piena di grazia”, secondo Daniélou, potrebbe essere interpretata, considerando la semantica del termine greco “charitoo”, come un semplice saluto di apprezzamento per la bellezza e l’attrattiva di Maria, una lettura molto lontana dalla tradizionale interpretazione teologica.