Condanna per percettori di Reddito di Cittadinanza che svolgono attività in nero

Condanna per percettori di Reddito di Cittadinanza che svolgono attività in nero

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25306 del 2022, ha confermato la condanna a oltre un anno di reclusione per un beneficiario del Reddito di Cittadinanza che ha occultato un’attività lavorativa irregolare. Il reato contestato, ai sensi dell’articolo 7, comma 2, della legge 26/2019, riguarda l’omissione di comunicazione all’INPS di un’attività lavorativa retribuita. L’imputato, nel ricorso presentato in Cassazione, aveva sostenuto di aver ricevuto solo occasionali donazioni, smentendo l’esistenza di una retribuzione effettiva. Questa versione, corroborata dal datore di lavoro, è stata ritenuta infondata dalla Suprema Corte. Gli giudici hanno considerato inverosimile l’assenza di compenso per un’attività lavorativa, anche se svolta illegalmente, ribadendo che la prassi comune prevede una remunerazione, anche se sotto forma di pagamenti irregolari. Le affermazioni dell’imputato e del suo datore di lavoro, pur mascherando i compensi come “regalie”, hanno implicitamente confermato il pagamento di somme di denaro per l’attività svolta. La Cassazione ha, inoltre, ribadito che la fattispecie di reato si configura anche in presenza di donazioni che rappresentino una variazione patrimoniale significativa. La Corte ha pertanto respinto il ricorso, ritenendolo inammissibile e confermando la sentenza di condanna della Corte d’Appello.