La Legge Basaglia a 43 anni dalla sua promulgazione: riflessioni su “Nevespina” e l’esperienza di Nocera

Il 13 maggio 1978, una pietra miliare nella storia della sanità italiana: la promulgazione della Legge Basaglia, rivoluzionaria nel trattamento dei disturbi psichiatrici. Questa riforma, anticipata di pochi mesi dalla nascita del Servizio Sanitario Nazionale (legge 833/78), portava il nome dello psichiatra Franco Basaglia, il cui impegno, supportato da colleghi come Bruno Orsinis e Sergio Piro (ex direttore dell’ospedale psichiatrico Materdomini di Nocera Superiore), segnò la fine del sistema manicomiale. Piro, avviando un progetto di comunità terapeutica a Nocera Superiore, ispirato al modello di Basaglia a Gorizia, contribuì concretamente alla realizzazione di questa visione. La legge mirava a superare la concezione del manicomio come luogo di reclusione e isolamento, sostituendola con strutture focalizzate sulla riabilitazione e reintegrazione sociale dei pazienti, spesso internati per tutta la vita, separati dalla comunità e privi di un reale trattamento terapeutico. Questo approccio, più che curativo, si configurava come una forma di segregazione sociale della malattia mentale. Il dibattito pubblico, sollecitato da inchieste, libri e film come il celebre “Qualcuno volò sul nido del cuculo” di Ken Kesey (il cui adattamento cinematografico con Jack Nicholson uscì due anni prima della legge), denunciava le pratiche disumane all’interno dei vecchi ospedali psichiatrici, tra cui idroterapia forzata, elettroshock e lobotomia. In ambito locale, il romanzo “Nevespina” di Valeria Alinovi, scritto in occasione della chiusura dell’ospedale psichiatrico Vittorio Emanuele II di Nocera Inferiore (1998), intreccia storie reali di pazienti con una trama di finzione, un amore tra psichiatra e paziente, per sottolineare l’importanza di affrontare la malattia mentale come un aspetto della condizione umana, da integrare nella società attraverso un approccio terapeutico e riabilitativo. La “normalità”, un concetto spesso arbitrario ed esclusivo, dovrebbe cedere il passo all’accettazione della diversità, come suggerisce anche il celebre monologo di Randle McMurphy nel film citato: “Ma che cosa vi credete di essere…? Pazzi? Davvero? Invece no. Voi non siete più pazzi della media dei coglioni che vanno in giro per la strada”.