L’inebriante profumo della Lettera 22 e la nostalgia del mondo analogico

Ricordo ancora le riunioni familiari dopo le vacanze estive, un’esplosione di allegria e condivisione, con le foto che narravano le avventure trascorse. I fotoromanzi del Grand Hotel, con le loro nuvolette di dialoghi e le storie di Franco Gasparri e Rosalba Canfora, erano un’altra fonte di emozioni. Da bambina, l’ingresso nell’edicola del nonno era un’esperienza sensoriale indescrivibile: l’aroma intenso della carta stampata mi incantava, un profumo irresistibile, quasi paragonabile a quello della Nutella! Sulla superficie del bancone, ordinatamente impilati, giacevano enormi giornali, la cui stampa monocromatica, a eccezione del giornale rosa dedicato al ciclismo preferito da mio padre, non catturava la mia attenzione. Le riviste per signore, in particolare i fotoromanzi, venivano scambiate e condivise tra le amiche e le mamme, mentre io e mia cugina li divoravamo sul lettone, impersonando i personaggi e recitando le loro battute, ignote interpreti di un teatro improvvisato. Il mio angolo preferito era quello riservato ai bambini: riviste illustrate, fumetti di Topolino, il Corriere dei Piccoli con le avventure del Signor Bonaventura e il suo Milione, album di figurine (da Pinocchio a Vesti anche me) e quaderni. L’angolo opposto, severamente proibito, ospitava le “carte importanti”, ma la mia curiosità mi spingeva ad intrufolarmici di nascosto per giocare con la macchina da scrivere Lettera 22, assistendo con estremo divertimento allo spettacolo delle levette che si alzavano come soldatini. Le pile di giornali resi, legate con lo spago, facevano da sgabelli, mentre cartoline illustrate di città della pianura padana sembravano danzare su uno scaffale. Un altro scaffale, colmo di libri dalle copertine accattivanti, mi catturava con i suoi profumi, e l’invito a non rovinare le pagine era un rituale ricorrente. Con il tempo, la lettura è diventata la mia più grande passione, un viaggio attraverso luoghi e sensazioni mai vissute, alimentando la mia passione per la recitazione e la scoperta di nuove vite sul palcoscenico. Fu proprio in quegli anni che iniziai il mio diario, un racconto lungo quarant’anni, ancora incompiuto, scritto su quaderni con copertine nere e fogli gialli dal profumo antico, simili ai taccuini Moleskine, ma con carta diversa. Il mio diario è speciale: da una parte i momenti più importanti, dall’altra le frasi memorabili raccolte nel tempo, con il nome di chi me le ha regalate. Quelli erano gli anni delle riunioni per guardare le foto, delle feste di diciotto anni, delle gite scolastiche e dei saggi di danza, momenti di condivisione e risate, come se anticipassimo il mondo dei social media: un Facebook cartaceo! E poi l’arrivo degli SMS, delle email, delle chat, dei social network che hanno cambiato il nostro modo di comunicare. Abbiamo iniziato a raccontarci tutto, in tempo reale, perdendo quel contatto diretto, quegli sguardi, quelle risate, quell’odore di carta stampata, quel calore umano. Gli incontri sono diventati rari, le cartoline sono un ricordo del passato, mentre Internet, nata per facilitare la comunicazione, è diventata un palcoscenico virtuale dove tutti cercano di essere protagonisti. E il profumo della carta stampata, che mi ha accompagnato per tanti anni? Oggi, questo articolo online è il mio modo di raggiungere il maggior numero di persone possibile e di condividere i miei ricordi e le mie riflessioni.