Carabinieri (pexels) risorgimentonocerino.it
Dieci indagati tra imprenditori e professionisti, sequestri su conti e beni e un “crac” nel settore carburanti: a Nocera Inferiore l’inchiesta fa tremare.
A Nocera Inferiore si è aperto un fronte delicatissimo che intreccia bancarotta fraudolenta ed evasione fiscale su larga scala. Al centro c’è una società di capitali che operava nel settore dei carburanti e che, secondo l’ipotesi investigativa, sarebbe arrivata a un dissesto milionario dopo una serie di operazioni contestate dagli inquirenti.
L’indagine ha portato al sequestro di conti correnti e quote societarie, ma anche di beni come case, auto e attività commerciali, in un quadro che viene descritto come articolato e costruito nel tempo. La società, inizialmente con sede legale in Piemonte e poi trasferita a Nocera Inferiore, è finita sotto la lente della Guardia di Finanza di Salerno con il coordinamento della Procura nocerina.
La contestazione più pesante riguarda l’omesso pagamento delle accise per milioni di euro, che sarebbe stato ottenuto attraverso artifici e raggiri. Tra gli elementi descritti nell’inchiesta compaiono simulazioni di acquisti di prodotti energetici stoccati all’estero e commissionati a terzi: manovre che, secondo l’impostazione accusatoria, avrebbero creato un buco finanziario tale da rendere poi impossibile far fronte ai debiti tributari.
Nel fascicolo finiscono anche ipotesi di falso, truffa e autoriciclaggio, oltre a intestazioni fittizie del capitale sociale e all’emissione di fatture ritenute inesistenti. Un pacchetto di contestazioni che, nelle intenzioni degli investigatori, serve a ricostruire non solo la caduta finale, ma il percorso che avrebbe portato l’azienda a presentarsi “in ordine” mentre i conti, dietro le quinte, si svuotavano.
Un passaggio chiave, secondo quanto ricostruito, sarebbe stato un fittizio aumento del capitale sociale realizzato tramite conferimenti sopravvalutati. L’obiettivo, sempre secondo l’accusa, sarebbe stato far apparire la società solida e ottenere polizze fideiussorie da intermediari finanziari esteri, a garanzia delle obbligazioni verso l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.
Da lì, la storia si fa ancora più tesa: gli asset oggetto delle garanzie sarebbero stati poi distratti con negozi giuridici simulati, eludendo anche un sequestro conservativo disposto da un altro tribunale. Per la Procura, proprio questa sequenza di atti avrebbe contribuito al fallimento e alla configurazione della bancarotta fraudolenta, mentre per gli indagati la partita si giocherà ora sul chiarire ruoli, responsabilità e confini di ogni singolo passaggio.
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