Nicola Pietrangeli, la famiglia lo seppellirà lì: una decisione che pesa | lo hanno appena confermato

Nicola Pietrangeli, la famiglia lo seppellirà lì: una decisione che pesa | lo hanno appena confermato

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La famiglia conferma le volontà del mito del tennis italiano: funerali a Ponte Milvio e camera ardente nel luogo che lui stesso chiamava “casa”.

Quando un simbolo attraversa più generazioni, la sua scomparsa non è mai solo una notizia: diventa uno strappo nel vissuto collettivo. Così è stato questa mattina, quando il mondo del tennis – e con esso una parte del Paese – ha dovuto salutare Nicola Pietrangeli, morto a 92 anni. Le prime parole, quelle che arrivano a caldo e non filtrano nulla, sono state quelle di Paolo Bertolucci, amico, compagno e testimone diretto di un’epoca che Pietrangeli aveva contribuito a scolpire con la sua eleganza naturale e la sua forza agonistica.

Bertolucci ha ricordato quel bianco e nero che aveva acceso i sogni dei ragazzi davanti ai primi televisori, quando vedere Pietrangeli significava credere che l’Italia potesse davvero competere con i giganti del tennis mondiale. Un capitano, un leader, ma prima di tutto un punto fermo. Lo è stato nella Davis del ’76, lo è stato nei record, lo è stato nelle storie raccontate e in quelle tramandate. E oggi, nell’annunciare la notizia della sua morte, è come se quel filo si fosse interrotto per un momento, lasciando il tennis orfano di uno dei suoi padri.

Il ricordo di Bertolucci e l’ombra lunga di un’icona

A colpire, nelle parole di Bertolucci, è stata la commistione di ricordo e mancanza. «È stato il nostro primo eroe tennistico», ha spiegato. Uno di quei personaggi che non si limitavano a giocare: raccontavano un modo di stare al mondo. E Pietrangeli, con quella miscela di carisma, ironia e talento, era diventato molto più di un atleta. Era un personaggio, un volto universale, un uomo capace di trasformare ogni conversazione in un aneddoto e ogni partita in un romanzo.

La sua scomparsa arriva pochi mesi dopo quella di Lea Pericoli, e la sensazione di fine di un’epoca è inevitabile. Pietrangeli è stato la memoria vivente di un tennis che non esiste più, ma che continua a vivere grazie al suo nome, inciso non solo nelle classifiche ma nella geografia emotiva degli italiani. Per questo l’annuncio della sua morte non è solo la chiusura di una biografia, ma una pagina di storia nazionale che si volta con rispetto e gratitudine.

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I funerali: la scelta della famiglia e quel desiderio che oggi pesa di più

La famiglia ha comunicato il programma dell’ultimo saluto, costruito come un gesto di coerenza con la vita di un uomo che al tennis aveva dato tutto. Mercoledì alle 15, alla chiesa di Santa Maria della Gran Madre di Dio a Ponte Milvio, si terranno i funerali. Prima, dalle 9 alle 12, la camera ardente sarà allestita nel luogo più simbolico possibile: il Campo Pietrangeli del Foro Italico. Quel campo che porta il suo nome e che lui aveva trasformato in una seconda pelle.

È impossibile, oggi, non dare un peso diverso a una frase che Pietrangeli amava ripetere con il suo tono scanzonato, a metà tra la battuta e la mezza verità: «Seppellitemi qui al Foro Italico». Lo diceva ridendo, certo. Ma chi lo conosceva sapeva che dietro quella leggerezza si nascondeva un legame profondo, quasi fisico, con quel luogo. E la scelta della famiglia di riportarlo lì, per l’ultimo saluto pubblico, suona come il modo più giusto per onorare la sua volontà e il rapporto speciale che aveva con quel pezzo di Roma che lo aveva accolto, esaltato e amato per decenni.

Mercoledì sarà l’occasione per un addio collettivo, un momento in cui sportivi, appassionati, amici e semplici cittadini si ritroveranno nello stesso spazio, quello che Pietrangeli aveva trasformato in teatro della sua vita. Perché alcune persone non smettono di appartenere a un luogo neppure quando se ne vanno. E per Nicola Pietrangeli quel luogo aveva un nome preciso, inciso per sempre: Foro Italico.