“3€ all’ora nello stipendio di settembre”: purtroppo ci danno la mazzata definitiva | Puoi avere pure 10 lauree

Inail (risorgimentonocerino.it)
Nessuno se lo aspettava, eppure il governo permette di pagare così i suoi lavoratori su cui si fonda la repubblica.
In un mondo che sembra correre sempre più veloce, la cultura e lo studio non bastano più. Lauree, master, corsi di specializzazione e titoli accademici sono diventati quasi una moneta svalutata. Una volta rappresentavano un passaporto sicuro verso un lavoro dignitoso, oggi spesso sono solo un pezzo di carta da appendere al muro.
L’iperspecializzazione ha creato generazioni di giovani preparatissimi, capaci di parlare tre lingue e di padroneggiare strumenti digitali complessi, ma che non trovano posto nel mercato del lavoro. Il paradosso è evidente: più si studia, più sembra complicato trovare uno sbocco coerente con le competenze acquisite.
Non è raro che laureati in discipline scientifiche, economiche o giuridiche finiscano a svolgere mansioni che nulla hanno a che vedere con la loro formazione. La retorica per cui con la laurea si avrebbe un futuro migliore appare ormai svuotata di significato.
Preparazione e retribuzione
In Italia, più che altrove, il capitale umano viene spesso sprecato. Gli investimenti nello studio non si trasformano in opportunità concrete, e il risultato è una generazione che vive in bilico tra precarietà e frustrazione. Una generazione che ha puntato tutto sulla formazione, ma che si ritrova spesso con stipendi ridicoli e prospettive incerte.
I dati parlano chiaro: i millennial sono la generazione più istruita di sempre, ma anche la più povera. Secondo l’Istat, oltre il 60% dei giovani tra i 25 e i 34 anni ha un titolo di studio superiore o universitario, eppure il reddito medio di questa fascia d’età è inferiore del 20% rispetto a quello dei loro genitori alla stessa età. E ora verranno pagati anche meno.
3 euro all’ora
Lagazzettadelmezzogiorno.it ha ripreso l’argomento parlando della vicenda di Taranto. Un cameriere di 24 anni ha raccontato di aver lavorato dieci giorni in una pizzeria del centro per appena 195 euro. Turni massacranti dalle 18 alle 2 di notte, senza contratto né regole scritte, per un totale di 80 ore di lavoro. Il calcolo è semplice e spietato: meno di 3 euro all’ora, meno di 20 euro al giorno.
Il giovane aveva accettato con la promessa di un contratto regolare da tre ore al giorno per 800 euro al mese, ma quella promessa non è mai stata mantenuta. Ha apparecchiato, servito, pulito, lavato piatti, finché ha deciso di dire basta. Si è rivolto alla Filcams Cgil, che ha denunciato pubblicamente il caso come simbolo di un settore allo sbando. Non si tratta di un episodio isolato: la stessa Cgil raccoglie testimonianze di bagnini pagati meno di 60 euro lordi al giorno, animatori sistemati in stanze senza finestre e lavoratori stagionali sfruttati senza tutele.