L’immagine di un Dio biblico compassionevole: un’illusione?

La diffusa affermazione secondo cui Dio ama i deboli è spesso contraddetta dall’esperienza umana e dalle stesse Scritture. Si potrebbe obiettare: “Ma le parole di fede non rispecchiano la realtà?”. Consideriamo una famosa asserzione attribuita a Napoleone Bonaparte: “La religione è ciò che trattiene il povero dall’ammazzare il ricco”. Questo pensiero, insieme alla sua presunta battuta “So che bisogna dare a Dio ciò che è di Dio, ma il Papa non è Dio”, rivela un’interpretazione critica della religione e del suo potere sociale. Questa prospettiva critica è condivisa da altre figure eminenti. Sigmund Freud, padre della psicoanalisi, descrisse la religione come “un’illusione che trae forza dalla gratificazione dei nostri desideri inconsci”. Seneca, invece, offrì una prospettiva pragmatica, affermando che la religione è considerata “vera dalla gente comune, falsa dai saggi, utile dai governanti”. Ma qual è il vero ritratto di Dio nella Bibbia? Il Levitico 21, per esempio, presenta prescrizioni che appaiono in contraddizione con l’amore universale: “Nessun uomo della tua stirpe, che abbia qualche deformità, potrà accostarsi ad offrire il pane del suo Dio; perché nessun uomo che abbia qualche deformità potrà accostarsi…”. Questo elenco di difetti fisici esclude categoricamente individui dalla pratica religiosa, sfidando l’idea di un Dio che si prende cura degli ultimi. Lo stesso capitolo prosegue con altre regole rigide riguardanti i sacerdoti, che non possono avere tonsure, tatuaggi, mogli divorziate o prostitute, e devono mantenere una rigorosa purezza rituale, persino evitando il contatto con i morti. La figlia di un sacerdote che si prostituisce, viene condannata ad essere bruciata. Queste prescrizioni rivelano una preoccupazione ossessiva per la contaminazione, una sensibilità che si estende anche alle pratiche igieniche, come descritto in altri passi biblici che dettagliano persino le procedure per l’espletamento dei bisogni fisiologici. Questa attenzione alla purezza non era esclusiva di Yahweh. Gli dei egizi, ad esempio, richiedevano ai loro sacerdoti non solo pulizia, ma anche bellezza fisica. Yahweh, invece, sembrava accontentarsi della sola purezza rituale, affidandosi a procedure di purificazione come la conca di rame descritta nell’Esodo 38, creata con gli specchi delle donne che svolgevano la prostituzione sacra all’ingresso della tenda del convegno. Questa pratica solleva interrogativi sul ruolo di Yahweh nella società e sulle sue interazioni con le pratiche religiose del tempo. La narrazione biblica, dunque, offre un ritratto più complesso e sfaccettato del “Dio” che spesso si discosta dall’immagine di un essere onnipotente e universalmente benevolo.

Redazione

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