L’opera del professor Luigi Moraldi (edizioni Utet), basata sui manoscritti di Qumran, dipinge un ritratto controverso di un individuo anonimo, fortemente suggerito dal contesto come Paolo di Tarso, definito “menzognero.” Secondo Benedetto XVI, Qumran, dimora degli Esseni, costituisce il luogo in cui Gesù, prima della sua predicazione evangelica, ricevette la sua formazione spirituale. Le biografie apologetiche, mirate a difendere ed esaltare la figura di Paolo, lo presentano come un ebreo ellenizzato con cittadinanza romana, inizialmente avversario del nascente cristianesimo, convertitosi poi in seguito a un evento sulla via di Damasco, episodio narrato solo da lui e privo di testimoni attendibili. All’epoca, in Israele esisteva unicamente una comunità di seguaci di Gesù, un rabbi messianico, figura ben diversa dal Cristo salvatore descritto da Paolo. Saulo, il suo nome originale, divenne Paolo (“piccolo”), un appellativo che ha suscitato curiosità tra gli studiosi, considerato il suo insegnamento sull’ascetismo sessuale nella Prima Lettera ai Corinzi, capitolo 7. Nominato apostolo dei Gentili (pagani) su richiesta di Cristo, mentre i Dodici si sarebbero dedicati agli Ebrei, Paolo contraddice le direttive di Gesù nei Vangeli. Matteo 10 e 15 riportano esplicitamente che Gesù incaricò i Dodici di predicare solo alle “pecore perdute della casa d’Israele”, ossia i discendenti diretti di Giacobbe. Paolo afferma che Gesù, sulla via di Damasco, lo avrebbe scelto per estendere la parola di Dio al mondo intero, considerando inadeguati i Dodici apostoli originali. La presunta amicizia tra Pietro e Paolo, propagandata dalla Chiesa cattolica, è smentita da eventi come il Concilio di Gerusalemme e la Seconda Lettera ai Galati, che rivelano una profonda inimicizia tra i due. Numerosi studiosi, sia cattolici che non, concordano sul fatto che Paolo abbia plasmato il cristianesimo, promuovendo la sua dottrina al di fuori di Israele e integrando miti contemporanei per renderla più accattivante. Un rabbi messianico crocifisso per ribellione ai Romani avrebbe avuto scarso successo senza queste aggiunte. La dottrina della salvezza dal peccato originale attraverso la fede in Cristo, perfezionata poi da Sant’Agostino, e il legame tra Gesù e Yahweh, conferiscono alla narrazione di Paolo una storia millenaria. Il Deuteronomio 32, 9-12 afferma chiaramente che Yahweh è la guida degli Israeliti, gli eredi di Giacobbe, escludendo persino Esaù, fratello gemello di Giacobbe, e altri parenti di Abramo. Pertanto, la divinità cristiana e il suo presunto figlio non hanno alcuna connessione con chi non appartiene alla linea genealogica degli Israeliti.
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