La Chiesa Madre di Nocera Inferiore, attualmente guidata da don Raffaele Ferrentino, custodisce una storia millenaria ricca di fascino e mistero. Si narra che nel 954 d.C., presunte reliquie di San Matteo, uno dei dodici apostoli, giunsero a Salerno presso il principe Gisulfo, probabilmente passando per le mani del vescovo di Paestum, Giovanni II, attraverso un percorso avventuroso più leggendario che storicamente documentato. Ispirati da questo evento, alcuni cittadini di Nocera si recarono a Salerno per ottenere reliquie del santo e fondare una nuova chiesa nella loro città. Un atto notarile del 985, conservato nel Codice diplomatico Verginiano, menziona Pietro e Mari, figli di Talarico, come i promotori dell’iniziativa. Inizialmente, la chiesa di San Matteo, situata in un’area allora periferica ma non disabitata (la zona di Tostazzo, prossima all’attuale corso principale), ebbe solo il rango di rettoria, riflettendo le dimensioni modeste della struttura iniziale e lo sviluppo dell’insediamento medievale sulla collina del Parco. Nel 1390, divenne parrocchia, e alcuni decenni più tardi, superò Sant’Angelo in Grotta, assumendo il titolo di Chiesa Madre di Nocera. All’inizio del XVI secolo, l’aspetto architettonico era già molto simile a quello attuale, una conformazione a tre navate conforme alle normative post-Concilio di Trento. Durante lo stesso secolo, alla cura dei parroci di San Matteo vennero affidate anche le chiese del Corpo di Cristo al Mercato e quella di Santa Maria al Presepe nel convento agostiniano di Fioccano (oggi sostituito da un nuovo edificio, noto anche come Santa Monica). Il Seicento vide celebrazioni importanti: nel 1614 il matrimonio del duca Francesco Maria Carafa, e nel 1655 quello di Angelo Solimena. Nel corso dei secoli, la chiesa ha ospitato numerose opere d’arte, alcune purtroppo disperse o rubate. Tra i capolavori superstiti, ricordiamo la “Madonna del Rosario”, attribuita alla bottega di Marco Pino, e la “Madonna tra i santi Pietro e Matteo” realizzata dagli Angelo e Francesco Solimena, abbellita da stucchi raffiguranti “angeli musicisti”. Gli affreschi della volta, realizzati da Palmerino Maione nel 1936 e raffiguranti santi legati alla storia locale, sono stati recentemente valorizzati da un calendario curato da don Raffaele Ferrentino, parroco dal 2009, che rende omaggio a questa preziosa testimonianza artistica e spirituale.
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