La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un imprenditore per evasione IVA, rigettando la sua difesa basata sulla necessità di pagare gli stipendi dei dipendenti. La sentenza n. 30628/2022 sanziona la scelta di destinare fondi dovuti all’erario al pagamento dei salari, confermando una pena detentiva (poi commutata in una multa di 9.000 euro). Sebbene la Costituzione tuteli sia l’obbligo contributivo che il diritto alla retribuzione, in caso di conflitto prevale l’obbligo tributario, data la sua protezione penale. La sentenza richiama precedenti giurisprudenziali, ribadendo che l’omesso versamento IVA, disciplinato dall’articolo 10-ter del D.Lgs. 74/2000, richiede il dolo generico, non specifico. La presentazione della dichiarazione dei redditi, che evidenzia l’imposta dovuta, costituisce di per sé prova del dolo. L’imprenditore, incassando l’IVA, ha l’obbligo di accantonarla per il pagamento; la crisi di liquidità non è una giustificazione valida, a meno che non sia indipendente dalla sua gestione e irrisolvibile con adeguate misure. Nel caso specifico, l’imprenditore non ha dimostrato di aver tentato di recuperare crediti o che le somme non versate fossero essenziali per la sopravvivenza aziendale, considerato l’elevato fatturato. Pertanto, la scelta di privilegiare il pagamento dei dipendenti a discapito del fisco costituisce un atto doloso, una decisione consapevole di preferire determinati creditori a danno dell’erario.
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