L’esordio della stagione teatrale de La Locandina di Pagani, tra novembre e dicembre 2022, ha presentato “La novella secondo Faber,” uno spettacolo diretto da Roberto Monte e Francesco Pellizzari che ha incantato il pubblico. Se dovessimo riassumere l’esperienza con una sola parola, sarebbe “suggestione.” Fin dall’ingresso, la scena essenziale, quasi vuota, cattura l’attenzione: veli, macerie, un cavallo di legno, una scultura di tufo che ricorda un altare – elementi simbolici che stimolano l’interpretazione personale, trasformando lo spettatore da osservatore passivo a parte attiva di un processo catartico. La mancanza del sipario enfatizza questa immersività, suggerendo che la rappresentazione è già in corso, in attesa di essere svelata.
La musica di Fabrizio De André è il cuore pulsante dello spettacolo, fungendo da personaggio narrante. Dopo un’introduzione tratta da Pasolini, letta da Monte, la performance inizia con “Si chiamava Gesù,” brano non incluso nella “Buona Novella,” ma che introduce efficacemente il tema. Seguono quindi tutti i brani dell’album del 1970, “La buona novella”, da “Laudate Dominum” a “Laudate Hominem.” Le canzoni, riarrangiate da Alfonso Calandra e dagli altri musicisti, si intrecciano armoniosamente con la drammaturgia, le parole di Pasolini, De André, Erri De Luca e i Vangeli apocrifi.
Il racconto si concentra sulla figura di Cristo, osservato attraverso le persone che lo circondano. Maria, ad esempio, evolve da bambina a madre, in un potente momento scenico con l’uso di un drappo bianco. Il tema della maternità è magistralmente esplorato in “In nome della madre” di De Luca, interpretato da Rosaria De Angelis, Teresa Oliva e Teresa Tedesco, che offrono molteplici prospettive: la rassegnazione, il cinismo, il desiderio materno di proteggere un figlio senza pretese divine. L’uso di veli rossi segna il passaggio dal divino all’umano, riflessione centrale dell’album stesso. Anche i personaggi di Anna, Gioacchino, i ladroni, Giuseppe, sono ritratti con profonda umanità.
La rappresentazione culmina con la suggestiva immagine della croce, rappresentata da tre pietre di tufo sorrette da carrucole e “coccolate” dalle tre attrici, prima di essere inesorabilmente sacrificate. La caduta delle pietre simboleggia il ritorno alla realtà, rompendo l’incantesimo ma avviando una riflessione profonda che accompagna lo spettatore fuori dal teatro.
Oltre agli attori già citati (Teresa Oliva, Rosaria De Angelis, Teresa Tedesco, Francesco Pellizzari e Roberto Monte), hanno contribuito alla realizzazione Livio Cuccurullo (narratore) e i musicisti Alfonso Calandra ed Enzo Donnarumma (chitarre e voce), Isabella Marmo (flauto traverso e voce), Raffaele Pica (tastiere e voce). L’illuminazione è stata curata da Renato Giordano e Rosario Brodetto.
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