La Festa della Madonna di Materdomini a Nocera negli Anni ’50: Un Ricordo Vivido

La Festa della Madonna di Materdomini a Nocera negli Anni ’50: Un Ricordo Vivido

Immaginate l’atmosfera intensa e devota della festa di Maria Materdomini a Nocera negli anni ’50, così come descritta dal compianto professor Raffaele Pucci. I preparativi iniziavano già il 5 luglio, con solenni funzioni religiose notturne che si protraevano fino al 5 agosto, attirando una folla considerevole di fedeli provenienti dalla zona. Dal 6 agosto, poi, prendeva il via la novena, culminante il 14 agosto, scandita dalla recita del rosario all’alba e al tramonto. Piccoli gruppi di devoti, spesso guidati da un’immagine della Vergine o da una croce, si recavano al santuario intonando canti in dialetto nocerino o recitando il rosario, anch’esso in dialetto. Le celebrazioni eucaristiche si susseguivano incessantemente dal pomeriggio del 14 agosto fino al pomeriggio del 15, mentre la notte tra il 14 e il 15 rappresentava l’apice della festa. Fedeli provenienti da tutta la Campania affollavano il santuario, molti trascorrendo la notte in preghiera o in allegria sul sagrato, tra il suono di tammorre e nacchere e danze spontanee. Al tramonto del 14 agosto, da Nocera Inferiore partivano i carri addobbati a festa, portando con sé pellegrini di ogni età, che prendevano posto sui carri ornati di nastri rosa e celesti e fiori variopinti. Questi carri, trainati da cavalli e procedendo lentamente, attraversavano tutti i quartieri nocerini, da Borgo a Liporta fino a Capocasale, passando per Sperandei, Capofioccano, Casale del pozzo e Casale nuovo, ognuno con lo stendardo della propria associazione religiosa. I pellegrini, durante il percorso, intonavano canti devozionali alternati a scherzi e motti arguti, spesso a doppio senso. Le donne, per rispetto alla Vergine, indossavano abiti neri. L’arrivo al santuario era movimentato: una folla immensa, che purtroppo rendeva l’ambiente meno salubre, a volte dava sfogo ad atteggiamenti poco decoroso, come molestie e schiamazzi. Dentro, tra la folla che portava candele votive, il predicatore esortava alla penitenza. Fuori, il vociare dei venditori ambulanti offriva un’abbondanza di specialità locali: dalla “palatella” con alici alla “mpupata”, dalle lumache “e maruzzielli” alle pannocchie arrostite, fino al melone “e fuoco” (anguria). Tra i dolci, spiccavano la “copeta”, le “castagne d’o prevete” e gli “ndriti”. Il vino era meno diffuso. Accanto alle bancarelle di dolciumi e giocattoli si svolgeva una vivace fiera di cesti e oggetti in vimini. Dopo aver gustato le prelibatezze locali, i pellegrini si lasciavano andare a danze spontanee e gioiose. All’alba del 15 agosto, i carri riprendevano la via del ritorno, mentre nuovi pellegrini giungevano a venerare la Madonna Nera. Molte di queste antiche tradizioni, che testimoniano l’amore e il culto profondo per la Madonna di Materdomini, sono sopravvissute al tempo.