Il Culto di Prisco a Nocera: Tradizione, Leggende e Dubbi Storici

Le informazioni sul primo vescovo di Nocera, Prisco, sono scarse e frammentarie. Un’analisi del suo sarcofago nella cattedrale e le leggende circostanti rivelano un quadro incerto ma affascinante. Alla fine dell’XI secolo, durante l’espansione normanna a Salerno, il vescovo Alfano I intraprese la costruzione di una nuova cattedrale, arricchendola con reliquie di santi, tra cui quelle di Prisco e delle sue sorelle, Marzia e Marina. La più antica testimonianza attendibile su Prisco proviene dal vescovo Paolino di Nola, che nel 405 d.C., in un suo carme, menziona la celebrazione della nascita del vescovo nocerino, già venerato a Nola. Questa citazione colloca Prisco nel IV secolo o, possibilmente, prima. La presunta menzione nel “Martirologio Romano” della sua morte il 9 maggio a causa delle persecuzioni di Nerone è infondata, come evidenziato già nel 1721 dallo storico Nicolai Coleti. L’esame del sarcofago attribuito a Prisco, databile tra la fine del III e la metà del IV secolo, offre una conferma parziale della cronologia dedotta dal carme di Paolino, ma non elimina ogni dubbio sull’effettiva identificazione delle spoglie. Sebbene l’attribuzione rimanga incerta, come già sottolineato dal vescovo Gherardo Antonio Volpe (1744-1768), la stima del periodo storico in cui visse Prisco trova riscontro nell’analisi stilistica del sarcofago, in linea con analoghe sepolture del periodo. Il culto di Prisco si diffuse in diverse località della Campania, dalla Costiera Sorrentina a Nola, Salerno, e probabilmente Montevergine e il Casertano, alimentato da numerose leggende sui suoi miracoli e dalla rivalità con l’omonimo vescovo di Capua. Tra queste, una meno nota narra di una vasca (o forse una base di frantoio), regalo di un papa, trasportata miracolosamente da Prisco da Roma a Nocera attraverso un varco da lui stesso creato in una montagna. Questo evento, seppur leggendario, come riportato nel romanzo “Ramondello Orsino” del 1888 di Andra Calenda di Tavani, evidenzia l’importanza del santo nella tradizione popolare nocerina e la sua connessione profonda con il territorio.