Espulsione del coniuge: la Corte di Cassazione sancisce la violazione del diritto alla dimora

Espulsione del coniuge: la Corte di Cassazione sancisce la violazione del diritto alla dimora

La giurisprudenza italiana, come stabilito dalla sentenza numero 40383 del 2012 della Corte di Cassazione, qualifica come reato di violenza privata l’espulsione arbitraria del coniuge dalla residenza coniugale. Questo atto illegale pregiudica il diritto al possesso della casa, elemento fondamentale del dovere di coabitazione insito nel vincolo matrimoniale. Sia per i matrimoni che per le unioni di fatto, entrambi i partner godono del diritto di dimora nell’abitazione familiare, indipendentemente dalla titolarità della proprietà. L’unico modo legittimo per interrompere questo diritto di coabitazione è un provvedimento giudiziario formale o la sussistenza di circostanze eccezionali, come la violenza fisica o una grave minaccia all’incolumità personale. Il tradimento coniugale, invece, non rientra tra tali motivazioni. Pertanto, azioni unilaterali come il cambio di serratura o l’esclusione fisica del partner senza l’autorizzazione del tribunale comportano gravi conseguenze legali. Oltre alla pena per violenza privata, il responsabile potrebbe essere condannato al risarcimento danni, alla perdita del diritto all’assegno di mantenimento e alla reintegrazione del possesso da parte dell’escluso. La sentenza in questione conferma questo principio, condannando un uomo che aveva impedito il rientro della moglie, che aveva temporaneamente lasciato la casa per sfuggire a conflitti e maltrattamenti. La Corte ha stabilito che, nonostante il soggiorno temporaneo altrove, la donna manteneva il diritto di tornare nella casa coniugale e il marito avrebbe dovuto ricorrere al tribunale per ottenere il suo allontanamento.