Il Martedì Grasso: Un viaggio tra leccornie regionali e tradizioni italiane

Maschere, scherzi e banchetti sontuosi: il Carnevale è una festa che incanta grandi e piccini, un tripudio di allegria e travestimenti. Ma perché “martedì grasso”? Questo termine indica il culmine delle celebrazioni carnevalesche, l’ultimo giorno di abbondanza prima dell’austero periodo quaresimale. In passato, era consuetudine consumare le rimanenze di prelibatezze, dai ricchi piatti di carne ai dolci tipici della stagione, prima del digiuno. La Chiesa Cattolica individua il Carnevale come periodo di gioia e spensieratezza, in netto contrasto con la Quaresima, tempo di riflessione e preghiera, che inizia il Mercoledì delle Ceneri. In tutta Italia, il dolce simbolo del Carnevale regna incontrastato: “chiacchiere” in Campania, “bugie” in Piemonte e Liguria, “frappe” nel Lazio, “galani” in Veneto, “cenci” in Toscana. Queste delicate strisce di pasta fritta affondano le loro radici nell’antica Roma, nei Saturnali, feste pagane in onore del dio Saturno, dove abbondavano i “frictilia”, dolci fritti nel lardo, simbolo di prosperità e buon auspicio per la primavera. La cucina napoletana, in particolare, offre un tripudio di sapori: le lasagne, ricche di ragù, uova, salumi e ricotta, rappresentavano un pasto sostanzioso per affrontare il periodo di astinenza; polpette al sugo o fritte, e le braciole, realizzate con la stessa carne del ragù delle lasagne. Le chiacchiere sono spesso accompagnate dal sanguinaccio dolce, anticamente preparato con cioccolato e sangue di maiale. Infine, il migliaccio, dolce semplice a base di ricotta e semolino (talvolta arricchito con uvetta), dal nome derivato dal miglio, cereale un tempo base per la farina, ora sostituito dal grano. Un dolce povero ma dal sapore irresistibile, perfetto per concludere i festeggiamenti.