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Il prossimo Presidente della Repubblica: un’Italia in bilico tra partitocrazia e rinnovamento

L’imminente elezione del Presidente della Repubblica si svolge in un contesto nazionale complesso e turbolento. Mentre una facciata di calma apparente persiste, sotto la superficie ribolle la preoccupazione per la predominanza della politica di partito. La nomina del garante costituzionale dovrebbe essere invece il frutto di una decisione etica, politicamente saggia e super partes, guidata dalla maturità e dal buon senso. Numerose candidature sono state avanzate, alcune provenienti da figure politiche di spicco e fortemente ideologizzate, confondendo l’elezione presidenziale con una normale competizione elettorale. Questa commistione tradisce la vera essenza della politica come servizio al bene comune, inteso come impegno temporaneo o, in circostanze eccezionali (e l’Italia ne ha viste molte recentemente), dedicato per tutta la vita.

La rapidità con cui il panorama politico italiano si trasforma rende l’offerta dei partiti un gioco interno di spartizione del potere, scarsamente attento alle trasformazioni sociali. L’innovazione politica non scaturisce da una reale domanda sociale, trovando espressione in una rappresentanza di interessi o valori, ma spesso è il risultato di accordi di potere incapaci di generare qualcosa di più della somma delle parti coinvolte. La nascita di nuovi movimenti, seppur apparentemente rivitalizzante, raramente porta a una significativa ristrutturazione della partecipazione politica. La politica, paradossalmente, nella sua complessità, sembra spingere verso scelte semplicistiche, focalizzate su questioni specifiche (sicurezza, precariato, immigrazione) a discapito di una visione d’insieme.

L’avvento della “tweetpolitica” e di nuove forze politiche ha soffocato la cultura e la memoria di un approccio politico ormai superato dall’evoluzione sociale. La cittadinanza mantiene una posizione distaccata, percependo la politica come un insieme di istituzioni estranee, oggetto di critica e sfiducia. Un consenso significativo sembra conquistabile solo da chi, come la Lega, riesce ad abbinare una forte identità a un’azione ibrida, tra partito e movimento, affrontando singole problematiche con proposte – spesso controverse – ma chiare e incisive, capaci di rispondere a precise istanze sociali.

È quindi necessario riflettere sui valori politici e sul significato autentico della politica, auspicando che la scelta del nuovo Capo dello Stato sia guidata da criteri politici, non dalla mera logica di partito.

Redazione

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