La tragica fine di Elena, regina vedova di Manfredi, nel castello di Nocera Inferiore

Nel 1975, il “Risorgimento Nocerino” pubblicò la traduzione, a cura del professor Salvatore Pentone, di un estratto da “Wandernjahren in Italien” di Ferdinand Gregorovius. A distanza di quasi mezzo secolo, grazie alla dottoressa Anna Cristiana Pentone, preside dell’Istituto Comprensivo “Angelo e Francesco Solimena”, possiamo condividere con i lettori questo toccante racconto della prigionia e della morte di Elena, moglie del re Manfredi, avvenuta nel 1271 nel castello di Nocera. La traduzione del padre della dottoressa Pentone, risalente al 1875, anno del viaggio di Gregorovius a Nocera, descrive il dramma della regina. Il testo narra di come, dopo un incontro a Lago Pesole, Elena sia stata condotta nel castello di Nocera, situato tra Castellammare e Salerno. Un documento del 13 marzo 1267, redatto da Carlo d’Angiò, menziona la presenza di Elena a Nocera, affidandola alla custodia del cavaliere Radulfo de Faiello. Si ipotizza che Carlo d’Angiò abbia deliberatamente separato Elena dai suoi figli: i maschi furono inizialmente imprigionati a Canosa, poi a Castel del Monte, mentre la piccola Beatrice fu detenuta a Napoli. Questa crudele separazione, sebbene non completamente provata per il 1266, appare coerente con la spietata natura del re Carlo. La regina, nella sua prigionia nocerina, riviveva la fulminea ascesa e la rovinosa caduta di Corradino, a cui suo marito aveva sottratto la corona. La notizia delle vittorie militari di Corradino e del suo alleato, Don Arrigo di Castiglia, se giunta alle orecchie di Elena, deve aver acceso in lei un misto di speranza e terrore. La ribellione di diverse città pugliesi, tra cui Andria, a favore di Corradino, alimentò ulteriormente queste emozioni contrastanti. La sconfitta di Corradino a Tagliacozzo, tuttavia, suggellò il destino di Elena e dei suoi figli. La vittoria di Carlo d’Angiò risparmiò la vita ai figli di Manfredi, ormai considerati innocui. Elena languì ancora un paio d’anni nella sua prigione, sostentata con parsimonia, ma non ridotta alle condizioni di mendicità come talvolta si è affermato. Una rendita annua di 40 once d’oro, destinata a lei e al suo seguito, copriva a malapena le necessità essenziali. Un decreto di Carlo I, datato 11 marzo 1271 da Sutri, offre luce sulla fine della prigionia di Elena. L’ordine impartito al castellano di Nocera di liberare le dame di compagnia e la “famiglia” della defunta regina, indica chiaramente che Elena era morta. La regina Elena, a soli 29 anni, morì probabilmente tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo del 1271, venendo sepolta in una chiesa di Nocera, la cui ubicazione resta tuttora ignota. L’inventario dei suoi beni, redatto dal castellano Enrico di Porta il 18 luglio 1271, elenca gioielli, perle, oggetti d’argento e bronzo, un armadio d’avorio e abiti logori, testimonianza della sua decadenza. La morte della madre rappresentò l’inizio di una vita ancora più misera per i suoi figli, ormai adulti e consapevoli del loro destino.