La scuola italiana: un apparato soffocante, non una democrazia

L’evoluzione sociale impone un’analisi critica del sistema scolastico, richiedendo coraggiose riforme per revitalizzare un’istituzione minacciata da un’eccessiva burocratizzazione. Negli ultimi decenni, l’incremento esponenziale delle riunioni degli organi collegiali ha aggravato il carico di lavoro dei docenti. I dipartimenti, gruppi di insegnanti di materie affini, rappresentano un esempio emblematico. Sebbene la collaborazione sia auspicabile per la progettazione didattica e la valutazione, la diversità di metodologie e formazione spesso rende le riunioni lunghe e poco efficaci, con risultati concreti limitati. Analogamente, gli organi collegiali previsti dai Decreti Delegati del 1974, come i Consigli di Istituto, i Consigli di classe (con la partecipazione di genitori e studenti) e le assemblee studentesche, mostrano oggi una scarsa efficacia. Le assemblee studentesche, spesso, si traducono in perdite di ore didattiche, mentre la partecipazione di genitori e studenti ai Consigli di classe è spesso solo formale, con una partecipazione elettorale ai minimi termini e una carenza di genitori attivi e propositivi. Questo evidenzia la prevalenza dell’individualismo sul senso di comunità, con i genitori concentrati unicamente sui propri figli. È necessario un intervento legislativo mirato a ridurre il fardello burocratico sui docenti, adeguando i loro stipendi a quelli dei colleghi europei, e a ridefinire il ruolo degli insegnanti, focalizzandosi sulla didattica e sulla trasmissione culturale. In questo contesto, andrebbero ridotte drasticamente le attività extrascolastiche, come l’alternanza scuola-lavoro, spesso inefficaci e disconnesse dal contesto didattico, che sottraggono tempo prezioso senza un reale beneficio. In definitiva, per garantire la salute del sistema scolastico, è necessario “potare i rami secchi” e riformare un modello che sta soffocando la sua stessa vitalità.