Il 5 aprile 2020, nel carcere di Caserta, una protesta di circa 150 detenuti, scaturita da casi di COVID-19 all’interno della struttura, portò all’occupazione di sei sezioni. La situazione si calmò all’alba del giorno successivo, ma degenerò nel pomeriggio del 6 aprile. Cinquantadue agenti della polizia penitenziaria sono stati arrestati o posti agli arresti domiciliari su ordine del Gip di Santa Maria Capua Vetere, a seguito di un’indagine della Procura che ha portato all’accusa di gravi reati.
Le accuse comprendono concorso in tortura aggravata, maltrattamenti aggravati, lesioni personali aggravate, falso in atto pubblico aggravato, calunnia, favoreggiamento personale, frode processuale e depistazione. Secondo l’inchiesta, durante una perquisizione, i detenuti furono costretti a passare tra due file di agenti armati di manganelli e caschi, subendo percosse mentre erano costretti a inginocchiarsi. Alcuni furono spogliati o rinchiusi in isolamento. Un detenuto morì il 4 maggio 2020. Dalle chat degli agenti sono emersi messaggi raccapriccianti, come “li abbattiamo come vitelli” e “domate il bestiame”. Tra i destinatari delle misure cautelari anche il provveditore delle carceri della Campania, Antonio Fullone, colpito da misura interdittiva. L’episodio, avvenuto in piena pandemia, evidenzia una grave violazione dei diritti dei detenuti e una condotta criminale da parte di alcuni agenti.
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