L’espressione italiana “è un altro paio di maniche”, usata per sottolineare la completa diversità tra due situazioni, ha radici sorprendentemente antiche. Sebbene la sua prima apparizione scritta nota sia nei “Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni, dove Renzo commenta la difficoltà di scrivere rispetto alla lettura (“lo stampato lo sapeva leggere… lo scritto è un altro par di maniche”), la sua origine è ben più remota, risalente al Medioevo e al Rinascimento. La chiave sta nella moda dell’epoca, in particolare negli abiti femminili delle classi agiate. Data la scarsità di acqua potabile pulita e la difficoltà e il costo del bucato, si diffuse l’usanza di maniche staccabili. Gli abiti erano creati senza maniche, permettendo di cambiare il look con accessori realizzati in tessuti e colori diversi, fissati con bottoni, ganci o cuciture. Questo sistema consentiva di avere un guardaroba apparentemente più vasto, con lo stesso vestito base che cambiava aspetto grazie alle maniche. La ricchezza delle maniche, con ricami, pizzi, perle o pietre preziose, indicava anche lo status sociale. Le maniche rappresentavano anche un simbolo sentimentale: un pegno d’amore, scambiato tra innamorati o donato a un cavaliere. La restituzione delle maniche sanciva la fine di una relazione e l’inizio di un nuovo capitolo, un “altro paio di maniche”, appunto. Da questa pratica, dunque, probabilmente nacque l’espressione, che oggi indica una situazione completamente diversa e indipendente da quella precedente.
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