Dieci anni fa, sotto la guida di mister Auteri, la Nocerina otteneva la promozione in Serie B, un traguardo storico impresso nella memoria dei suoi tifosi. Ricordare quella straordinaria stagione, a distanza di un decennio, sembra quasi un’operazione fuori dal tempo, specialmente nel contesto attuale del calcio, scosso dalla nascita della Superlega e dalla conseguente mercificazione della passione sportiva. Il calcio, infatti, nonostante le modifiche esteriori, conserva la sua anima autentica. Ripensando a quell’anno per la Nocerina, si riaffiorano emozioni oggi rare, sostituite da spettacoli costruiti per un pubblico passivo, assoggettato alle sole logiche di mercato. Ma il calcio, prima di ogni cosa, è passione, e la mia esperienza adolescente me lo confermò. Nocerina-Gela, 5 dicembre 2010: una partita apparentemente ordinaria del campionato. La Nocerina, consapevole delle proprie potenzialità, stava collezionando successi, ma quel pomeriggio contro il Gela, nonostante il dominio territoriale, il risultato era ancora fermo sullo 0-0 al 90′. La squadra appariva spenta, la porta avversaria invalicabile. Solo all’ultimo minuto, grazie a un calcio di punizione di Cavallaro e alla rete di Di Maio, arrivò il gol della vittoria. Lo stadio esplose, ma la mia reazione fu inaspettata: una strana immobilità, un misto di incredulità e euforia repressa. In quel momento, una mano mi toccò la spalla. Un anziano tifoso, commosso, mi abbracciò; altri si unirono, creando un abbraccio collettivo che proseguì ben oltre il fischio finale. Eppure, era solo metà campionato; eppure, in quell’abbraccio, sentimmo tutti che quel gol era il presagio di qualcosa di più grande, qualcosa che avrebbe cambiato per sempre la storia sportiva della città, anche se solo per un anno. Quella vittoria, più che quella ottenuta a Foggia cinque mesi dopo, rappresentò la vera conquista della Serie B. Lo sguardo di quell’uomo anziano, che con poche parole (“Sta succerenn’ata vota,” riferendosi alla promozione di trentatrè anni prima) riassunse l’emozione di intere generazioni, mi fece capire che credevamo davvero nel successo. Non l’ho più rivisto, ma sono certo che anche lui festeggiò il 23 aprile 2011. Perché il calcio è passione, vera passione, a tutti i livelli, un concetto da ricordare ai nuovi “feudatari” del pallone.
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