La superstizione del malocchio persiste, intrecciandosi con la realtà in molte culture. Cefalea, letargia, spossatezza: sintomi spesso attribuiti all'”uocchie sicche”, una credenza popolare particolarmente radicata nel Sud Italia, ma non solo. Questa presunta maledizione, causata da invidia, risentimento o gelosia, non ha ovviamente alcuna validazione scientifica. Secondo la tradizione popolare, gli effetti si manifestano rapidamente, talvolta istantaneamente. Anche se spesso inconsapevole, chi lancia il malocchio può ricorrere a pratiche occulte, rendendo la “fattura” più potente e difficile da rimuovere.
Per contrastare il malocchio, si utilizzano amuleti (corni, santini, crocifissi), gesti apotropaici (fare le corna, toccare ferro) o riti specifici. Un esempio è versare olio in acqua: una forma ad occhio conferma il malocchio, mentre la superficie uniforme indica assenza di negatività. Questo rito prevede preghiere, segni di croce con olio e smaltimento dell’acqua lontano da casa. Alcuni si affidano a guaritori per apprendere orazioni apposite.
Questa credenza non è isolata. In Grecia si parla di “mati” (occhio che maledice), in Spagna di “mal de ojo” (male dell’occhio), mentre in arabo si usa “ain al hasoud” (occhio dell’invidia). Le soluzioni variano: lavaggi con latte, impacchi di erbe (ruta, aneto, iperico, verbena), o riti come quello ucraino della cera fusa in acqua santa. In Spagna, un semplice contatto fisico con chi ha involontariamente lanciato la maledizione può bastare.
Nei paesi latinoamericani, si usa un uovo strofinato sul corpo durante una preghiera (come il “Padre nostro”), poi posto sotto il cuscino. Un albume denso al mattino indicherebbe la presenza del malocchio. Questi rimedi, pur radicati nella tradizione, riflettono una diffusa convinzione: “Non è vero, ma ci credo”.
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