Riflessioni di un docente sulla didattica della Storia

L’insegnamento della storia nelle scuole secondarie di primo grado si confronta oggi con una sfida significativa: la percezione, da parte degli studenti, della sua irrilevanza in un’epoca dominata da internet come fonte immediata di informazione. “Professore, a che serve la storia? Se voglio sapere qualcosa, c’è internet!”, è la risposta, spesso semplificata, ma che rivela una concezione superficiale del valore formativo della disciplina. Se è vero che gli studenti non possiedono sempre le competenze per affrontare analisi storiografiche complesse, con adeguata preparazione potrebbero interagire positivamente con testi anche impegnativi. Allora, come affrontare questa sfida? Un approccio utile potrebbe partire da lontano, ad esempio, dalle testimonianze della vita quotidiana degli studenti sumeri, evidenziando le differenze con la realtà attuale. Questo consente di creare un percorso didattico che, partendo da fonti per loro inusuali, conduca gradualmente a una comprensione più profonda della storia come disciplina etica e morale, fondamento della crescita civile. Il ruolo del docente come mediatore è fondamentale per costruire un itinerario coinvolgente, sfruttando metodi euristici ed ermeneutici. Si potrebbe iniziare dalla ricostruzione di una storia locale, arrivando, nelle classi terze, alla raccolta e registrazione di testimonianze orali, in linea con un approccio costruttivista. Gli studenti comprenderanno così la storia come un processo dinamico di permanenza e cambiamento, intrinsecamente connesso al presente. Il messaggio chiave da trasmettere è che comprendere la storia significa mediare tra passato e presente, sviluppando una consapevolezza critica delle diverse prospettive storiografiche. Questo non solo per la sua intrinseca interdisciplinarità – che la collega ad ambiti archeologici, artistici, scientifici, geografici e letterari – ma per la costruzione di una identità civile comune, europea e globale. Temi come la memoria, l’identità e le radici, dovrebbero essere affrontati in un contesto collaborativo, coinvolgendo l’intera comunità scolastica. Questi temi costituiscono un “laboratorio” di storia più efficace rispetto a semplici attività laboratoriali in aule attrezzate. Un approccio collaborativo, anche a distanza, può trasformare lo studio della storia in un’esperienza di rappresentazione delle diverse identità multiculturali del nostro Paese. Si potrebbe obiettare che questo approccio potrebbe minare il rigore formativo. Al contrario, la storia, per sua natura, abbraccia la diversità dei gruppi umani e delle loro esperienze, rendendola la disciplina ideale per una didattica pluralistica in grado di confrontare diverse società e periodi storici.

Redazione

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