Un governo di esperti: continuità o svolta?

Il giuramento del Professor Mario Draghi come Presidente del Consiglio ha segnato un momento cruciale per l’Italia. La sua nomina, dopo le dimissioni di Giuseppe Conte, ha aperto un nuovo capitolo politico, caratterizzato da una composizione governativa inedita. L’esecutivo Draghi non può essere definito esclusivamente “tecnico” nel senso tradizionale del termine, poiché si fonda su una base di sostegno politico ampia e variegata. Pur riconoscendo l’operato di Conte nel periodo di emergenza sanitaria, la necessità di un cambio di rotta era evidente per affrontare le sfide economiche e sociali del Paese, in particolare la gestione dei 200 miliardi di euro del Recovery Fund. L’elevata statura del nuovo Presidente del Consiglio, economista di fama internazionale e figura di grande esperienza, ha contribuito a plasmare un Governo composto da esperti in diversi settori, a dispetto della composizione politica della maggioranza. Tuttavia, la scelta dei Ministri, indicati dai partiti, presenta alcuni aspetti controversi. La presenza di esponenti politici di primo piano, già protagonisti di precedenti stagioni politiche, ha suscitato perplessità, soprattutto considerando il contesto di disillusione politica post-2011 e la caduta del governo Conte II. L’immagine di un rimescolamento di volti noti, un’eco del passato, ha alimentato le critiche. Nonostante ciò, l’impiego di tecnici nei ruoli chiave, caratteristica distintiva del Governo, è stata accolta favorevolmente da molti, in quanto garantisce competenze specifiche in ciascun dicastero. La nomina è stata interpretata positivamente anche sul piano europeo, vista l’esperienza di Draghi nel gestire le crisi economiche della zona euro. La significativa assenza di un Ministero per gli Affari Europei è un dato interessante, che suggerisce un approccio più diretto e integrato con le istituzioni europee, a dimostrazione di una visione europeista ben precisa. L’equilibrio numerico tra i partiti nella composizione del Governo presenta un aspetto interessante. Sette dei tredici Ministeri con portafoglio sono affidati a tecnici, mentre la restante parte è ripartita tra M5S, PD, FI e Lega, in una ripartizione che, sebbene apparentemente equilibrata, ricorda in qualche modo i meccanismi clientelari del passato. Infine, il tema della rappresentanza di genere, pur positivo, presenta un elemento di contraddizione. La presenza di donne in ruoli chiave non deve oscurare la priorità della competenza e del merito, indipendentemente dal genere. In definitiva, il Governo Draghi rappresenta una sfida complessa, con l’auspicio che riesca a coniugare competenza tecnica con una visione politica lungimirante, focalizzata sulla ripresa economica e sul rinnovamento etico del Paese.