Le misteriose “Intuppatedde”: un velo di storia e libertà nella festa di Sant’Agata

Nell’epoca d’oro delle celebrazioni catanesi in onore di Sant’Agata, figure enigmatiche si mescolavano alla devozione popolare: le “ntuppatedde”. Il termine, derivante dal siciliano “tuppa” (membrana che chiude il guscio delle lumache), evoca l’idea di donne avvolte, nascoste. Queste donne, nobili o di umile estrazione, sposate o nubili, si univa alla folla nei pomeriggi del 4 e 5 febbraio. La tradizione le descrive vestite di nero, il volto completamente celato da un velo, gli “occhiali”, con solo due aperture per la vista. Sotto questo anonimato, si concedevano scherzi, ricevevano doni e godevano di una libertà inusuale, potendo interagire con qualsiasi uomo senza il timore di ripercussioni. Questa tregua temporanea dalle rigide convenzioni sociali evidenzia la condizione femminile di allora, caratterizzata da una profonda mancanza di autonomia. Dopo il devastante terremoto del 1693, gli “occhiali” vennero proibiti, sostituiti da mantelli con cappucci lunghi. L’usanza declinò definitivamente dopo il 1868, trovando poi una ripresa, seppur modificata, a Paternò durante il carnevale. Negli ultimi anni, le “ntuppatedde” sono ritornate a Catania, non più in nero ma in bianco, con un fiore rosso a simboleggiare la passione. Definire “vergini” queste donne è una semplificazione, ma testimonia il loro ruolo come custodi di una tradizione antica. La loro ricomparsa vuole lanciare un messaggio potente: nonostante i secoli trascorsi e i progressi sociali, la lotta per la libertà e l’indipendenza femminile è ancora oggi attuale e necessaria.