L’inizio del nuovo anno scolastico ha rivelato, come un vaso di Pandora, le fragilità del sistema educativo italiano, esacerbate da decenni di riforme inefficaci e di improvvisazione. La chiusura prolungata a causa della pandemia avrebbe potuto offrire l’opportunità di un rinnovamento radicale, ma questa chance è stata in gran parte sprecata. L’emergenza sanitaria ha messo in luce carenze strutturali e organizzative, rendendo evidente la precarietà di risorse e personale, in particolare per quanto riguarda gli alunni con disabilità.
Molte scuole affrontano difficoltà enormi, risolvibili solo con ingenti investimenti e una ristrutturazione edilizia completa. L’onere di adattare gli spazi per il distanziamento, garantire l’accesso sicuro e creare regolamenti specifici è spesso ricaduto interamente sulle comunità scolastiche, senza un adeguato supporto ministeriale. I sei mesi di chiusura avrebbero dovuto essere impiegati per elaborare linee guida chiare e uniformi, avviando interventi edilizi già da aprile, ma ciò non è avvenuto. Le risorse destinate all’acquisto di banchi singoli avrebbero potuto essere utilizzate per un piano di edilizia scolastica più ampio e duraturo, magari investendo in soluzioni ecosostenibili e sostenendo artigiani locali.
Il problema più critico riguarda l’inclusione degli studenti con disabilità. Per molti di essi, la didattica a distanza (DAD) si è rivelata inefficacie, gravando sulle famiglie. Due fattori principali aggravano la situazione: la continua rotazione dei docenti di sostegno e le difficoltà legate al ritorno in classe in sicurezza. La precarietà del personale di sostegno, con la conseguente mancanza di continuità didattica, è un problema strutturale. La lentezza e la complessità delle procedure per le graduatorie hanno peggiorato la situazione, generando contenzioso legale. La norma della “Buona Scuola” sull’impegno pluriennale nella stessa scuola, finalizzata alla continuità didattica, rimane purtroppo lettera morta. È necessario ripensare il sistema, dando priorità al benessere degli studenti e alla loro formazione, valorizzando la professionalità degli insegnanti.
Il ritorno in presenza presenta ulteriori sfide. Molte scuole sono ancora sprovviste di adeguate strutture di accesso per gli studenti con disabilità, come rampe e ascensori, mentre laboratori e spazi dedicati sono stati sacrificati. L’obbligo delle mascherine rappresenta un ulteriore ostacolo per molti ragazzi, che potrebbero avere difficoltà a rispettare le misure di distanziamento. In questo contesto, il ruolo del docente di sostegno diventa ancora più complesso e gravoso. La distanza tra la burocrazia e la realtà pratica è enorme, soprattutto in caso di ritorno alla DAD. Per i casi più gravi, si dovrebbe valutare l’opportunità di un programma di homeschooling personalizzato o l’utilizzo di centri specializzati, in grado di offrire un supporto sanitario, psicomotorio e didattico integrato.
In definitiva, la pandemia ha rivelato la necessità di un profondo rinnovamento del sistema scolastico italiano. È urgente investire in un’edilizia scolastica adeguata, in personale stabile e qualificato e in un approccio inclusivo che metta al centro il benessere degli studenti. Solo così si potrà trasformare l’emergenza in un’opportunità di miglioramento reale e duraturo.
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