Il recente decreto governativo suddivide l’Italia in tre aree di rischio (gialla, arancione e rossa), ma senza chiare indicazioni dal Ministero della Salute. L’incertezza regna sovrana, alimentando interrogativi diffusi tra i cittadini. Immagini che raffigurano l’Italia colorata a seconda dei presunti livelli di contagio circolano sui social media e sui notiziari, ma la suddivisione regionale rimane, per ora, provvisoria. Mancano infatti comunicazioni ufficiali sull’assegnazione del livello di rischio a ciascuna regione, una situazione che genera frustrazione, soprattutto tra gli operatori commerciali in attesa di conoscere le restrizioni che li riguarderanno. Nelle aree a rischio elevato (arancione), la ristorazione subirà sospensioni, potendo offrire solo servizio d’asporto e consegne a domicilio fino alle 22. Nelle aree a rischio massimo (rosse), si applicherà un vero e proprio lockdown, con sole attività essenziali aperte (alimentari, edicole, farmacie, ecc.). Il Ministro Speranza dovrebbe emettere un’ordinanza chiarificatrice entro sera, ma la confusione a Palazzo Chigi lascia spazio a dubbi. Questa situazione paradossale mette a rischio, ad esempio, i ristoratori che, ignari del proprio futuro, rischiano di subire perdite a causa di beni deperibili già acquistati. Le restrizioni per le zone arancioni e rosse avranno durata minima di 15 giorni. In assenza di comunicazioni ufficiali dal Ministero della Salute, secondo indiscrezioni ANSA, si applicheranno su tutto il territorio nazionale, salvo eccezioni regionali, le disposizioni generali del decreto: chiusura bar e ristoranti alle 18 (asporto e consegne fino alle 22), divieto di spostamento dalle 22 alle 5 (salvo giustificati motivi), riduzione capienza mezzi pubblici del 50%, didattica a distanza per le superiori, chiusura sale giochi, musei e sospensione delle prove concorsuali (eccetto quelle sanitarie).
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