Nove arresti per maxi-truffa bancaria da 800mila euro

Un’articolata indagine della Guardia di Finanza di Salerno ha portato all’arresto di nove individui accusati di aver orchestrato una frode milionaria ai danni di una nota banca nazionale. Il direttore di una filiale, due impiegati della stessa sede e sei complici sono stati colpiti da un’ordinanza di arresti domiciliari emessa dall’autorità giudiziaria. L’operazione, coordinata dalla Procura di Salerno, ha svelato un’associazione a delinquere finalizzata all’ottenimento illecito di prestiti. Il gruppo criminale, composto da residenti a Salerno e provincia, tra cui Eboli, Battipaglia, Montecorvino Pugliano e Castelnuovo Cilento, ha architettato un sistema di frode che prevedeva l’erogazione di finanziamenti a “teste di legno”. I funzionari bancari, in concorso con il direttore, falsificavano documentazione, tra cui buste paga e dichiarazioni dei redditi, per autorizzare l’erogazione dei prestiti. Altri cinque complici reclutavano individui privi di reddito o con precedenti penali, spesso senza dimora fissa, per fungere da intestatari dei prestiti. Questi soggetti, “pseudo-clienti”, ricevevano una parte delle somme erogate, mentre il resto finiva nelle tasche dell’organizzazione criminale. L’attività illecita, durata appena tre mesi, ha generato un profitto di circa 350.000 euro per l’organizzazione. L’indagine ha inoltre portato al sequestro preventivo di 73.000 euro, ritenuti provento del riciclaggio dei fondi. Le accuse mosse agli arrestati includono truffa, falso, riciclaggio ed autoriciclaggio. La scoperta della frode è avvenuta a seguito di una segnalazione di anomalie alla direzione centrale dell’istituto di credito, che ha indotto il direttore della filiale a sporgere denuncia, nonostante fosse uno dei principali responsabili del raggiro. L’attività illecita di intermediazione finanziaria, svolta in assenza delle necessarie autorizzazioni, costituisce un ulteriore reato, punibile con la reclusione fino a tre anni e una multa fino a 10.000 euro. Per evitare sospetti, l’organizzazione manteneva una minima giacenza sui conti dei “clienti” per il pagamento delle prime rate.

Redazione

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