In questi giorni, in tutta Italia, si registrano manifestazioni contro l’ipotesi di un nuovo lockdown, totale o parziale. Le ripercussioni economiche sarebbero catastrofiche, un disastro di difficile superamento. Tuttavia, una questione cruciale rimane irrisolta: chi sono i manifestanti? Non solo commercianti, ristoratori, albergatori o titolari di palestre, persone che, pur nella sofferenza economica, dimostrano perlopiù un comportamento civile. Ma chi, allora, vandalizza gli arredi urbani, danneggia i semafori, infrange vetrine e incendia veicoli, spesso appartenenti a individui in difficoltà economica persino maggiore? Tra i manifestanti pacifici si sono infiltrati elementi decisamente più pericolosi: ultras violenti, noti per le scorribande negli stadi e per la propensione a creare caos; frange dell’estrema destra e, paradossalmente, dell’estrema sinistra, miranti a destabilizzare l’ordine pubblico; e, secondo le forze dell’ordine, persino esponenti della criminalità organizzata. Gli obiettivi di questi gruppi rimangono oscuri. A coloro che si oppongono al lockdown per le gravi conseguenze economiche, una domanda sorge spontanea: è accettabile che questi elementi sfruttino le vostre proteste per danneggiare e devastare? Un’alternativa più efficace potrebbe essere la disobbedienza civile responsabile. Mantenere le attività aperte, sfidando le ordinanze, ma implementando scrupolosamente misure di distanziamento sociale rafforzate. In questo modo, potremmo dimostrare maturità e capacità di operare in sicurezza, anche in un contesto sanitario critico, a chi ci governa, in una situazione che sembra, per usare una metafora, una rappresentazione di dilettanti allo sbaraglio.
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