L’ex agente di Nocera Inferiore, Tommaso Sicignano: una storia di giustizia negata

L’ex agente di Nocera Inferiore, Tommaso Sicignano: una storia di giustizia negata

Tommaso Sicignano, soprannominato “Serpico”, ex poliziotto del Commissariato di Nocera Inferiore, racconta una storia di ingiustizie e sofferenze protratte per anni. Questo ex sottufficiale, oggi sessantaduenne, dall’aspetto inconfondibile – alto, con folta barba e capelli ricci – afferma di aver scontato ingiustamente sette anni di prigione per aver “calpestato i piedi” a personaggi influenti. Accusato di far parte della “Nuova Famiglia”, un clan camorristico, Sicignano nega ogni coinvolgimento, sostenendo che le accuse si basino su dicerie di un collaboratore di giustizia, Pasquale Loreto, e di altri pentiti. Durante il processo, durato sei anni presso l’aula bunker di Salerno, Sicignano chiese ripetutamente il confronto con i testimoni, evidenziando contraddizioni nelle loro dichiarazioni. L’ex agente conserva una copiosa documentazione a sostegno delle proprie affermazioni, tra cui fotografie compromettenti. Sicignano attribuisce la sua condanna alla sua modalità di operare, definita “esuberante” da alcuni colleghi, e alle sue indagini che hanno intaccato personaggi di spicco, incluso un ufficiale dei Carabinieri, Gennaro Niglio, che inizialmente lo stimava e con cui collaborava. Tra i successi di Sicignano si ricordano il sequestro di ingenti beni al boss Giuseppe Olivieri, grazie a una sua intuizione, e la perquisizione a casa del boss Mario Pepe, che portò alla scoperta di legami con la “Nuova Famiglia”. Secondo Sicignano, le sue indagini su un traffico di pietre preziose ad Angri, che coinvolgeva un ufficiale della Guardia di Finanza, oggi generale di brigata, e un magistrato, il cui cognato era il medico che facilitava i ricoveri ospedalieri di Giuseppe Olivieri, hanno scatenato contro di lui una vendetta orchestrata. Afferma che le pressioni esercitate da questi individui hanno influenzato negativamente i tre gradi di giudizio, nonostante le rassicurazioni iniziali del suo avvocato e di un cancelliere, poi deceduto. Sicignano ritiene di aver pagato un prezzo altissimo per la sua integrità e per le sue scoperte, e spera ancora di ottenere giustizia.