Un’ipotesi affascinante, alimentata da un forte campanilismo partenopeo, attribuisce origini napoletane allo stemma della Ferrari. Massimiliano Verde, studioso del patrimonio linguistico e culturale campano, sostiene che il celebre cavallino sia ispirato al cavallo napoletano, raffigurato nello stemma di una fratria greco-napoletana, ancora visibile sul Sedile di Nilo (o Nido) del Museo di San Lorenzo a Napoli. Verde afferma che il cavallo napoletano, rappresentato “sfrenato” o “rampante” su sfondo giallo, precedette di secoli quello adottato da Enzo Ferrari. L’argomentazione del professore si basa su connessioni tra Ferrari, che guidò per l’Alfa Romeo (fondata dal napoletano Nicola Romeo), e il simbolo del cavallino, evidenziando la vittoria della Scuderia Ferrari alla 24 ore di Spa del 1932 con un’Alfa Romeo recante tale simbolo. Cita anche la presunta somiglianza con il cavallino dello stemma del Reggimento “Piemonte Reale Cavalleria”, e la presenza di un cavallo napoletano tra gli antenati della razza Lipizzana nel 1790, definendo il tutto come un insieme di “coincidenze troppo coincidenti”. Tuttavia, l’utilizzo del termine “rampante” è impreciso; in araldica, si dovrebbe parlare di “inalberato” o “spaventato”. La versione ufficiale, ampiamente documentata, attribuisce l’origine del simbolo al maggiore Francesco Baracca, asso dell’aviazione italiana durante la Prima Guerra Mondiale. Il cavallino nero su sfondo bianco era il simbolo personale di Baracca, adottato dopo aver abbattuto un numero considerevole di aerei nemici, seguendo la tradizione dei cavalieri medievali. Sebbene si ipotizzi un legame con lo stemma del suo reggimento di cavalleria, la scelta potrebbe essere stata ispirata dal cavallo presente sul velivolo tedesco abbattuto come quinto bersaglio. Nel 1923, la madre di Baracca propose ad Enzo Ferrari di adottare il simbolo, augurandosi che portasse fortuna. Il “cavallino”, oggi un marchio iconico, ottenne un successo strepitoso, diventando uno dei simboli più riconosciuti a livello globale. Questa versione ufficiale, supportata da numerose prove e testimonianze, contrasta nettamente con la teoria napoletana, che, pur intrigante, manca di prove altrettanto convincenti.
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